Diciamocelo questo The Flash ha creato tante aspettative. Caratterizzato da una produzione non facilissima, se pensiamo che le prime avvisaglie di una pellicola dedicata all’eroe più veloce del DC Universe risalgono addirittura al 2005, il film con protagonista Ezra Miller propone ai fan la sua versione del multiverso, forse fuori tempo massimo.

Dopo le avventure nella Justice League Barry continua a rimuginare sul suo passato, quel terribile incidente che l’ha privato prima della madre, uccisa da un balordo, e poi del padre, accusato di aver ucciso la moglie ma senza un alibi a provare la sua innocenza. In un raptus di dolore Barry comincia a correre più forte che può rendendosi così conto di essere in grado di viaggiare nel tempo, muovendosi a una velocità tale da romperne il time continuum.
Un po’ come ognuno di noi Barry pensa di usare questo nuovo potere per riportare in vita sua madre e risolvere il suo trauma infantile. Bruce Wayne gli dice di non farlo, ma è difficile fermare un figlio distrutto dal dolore per la perdita di sua madre.

 

Da qui in poi il film si sviluppa esattamente come vi aspettereste, una sorta di Ritorno al Futuro rivisto e corretto (ma neanche troppo rivisto) dove lo spazio tempo prima sembra seguire le regole del film di Zemeckis (quelle da cui si distanziano molte pellicole moderne, Avengers Endgame, ma anche Interstellar) salvo poi a metà film ricordarsi che la fisica ha fatto passi da gigante e il semplice causa/effetto non basta più a spiegare i viaggi temporali. La questione non è così grave da rovinare la visione del film, però tende a indebolire il racconto, confondendo lo spettatore che vede le regole del gioco cambiate in corsa senza un motivo preciso.

 

Per quanto riguarda il tono del film, The Flash ha un imprinting prettamente comico, con Barry (il comic relief di Justice League), che torna nei panni del goffo pagliaccio sempre pronto a mettersi in imbarazzo. Man mano che si procede nella storia però cominciamo a vedere lati sempre più oscuri del personaggio. Una crescita che però non sembra procedere secondo un arco drammatico ascendente. Troppi i ritorni comici alle volte forse un po’ fuori luogo, troppi i salti che costringono lo spettatore ad asciugare una lacrima salvo poi trovarsi davanti una battuta, si divertente, ma forse non necessaria.

 

Lo hanno detto anche alcuni giornalisti americani, DC rincorre la comicità di Marvel, spesso non rendendosi conto che il suo lato dark (che invidiava anche Deadpool, ve lo ricordate?) ha un potenziale inespresso spesso indebolito se non completamente dilapidato dalla paura che Warner ha di fare un prodotto più fedele a se stesso. Anche in The Flash, seppur in maniera minore (c’è più equilibrio) la comicità alle volte sembra stonare trascinandoci su e giù per una montagna russa emotiva non sempre coerente.
Discorso a parte per gli altri super eroi presenti nella pellicola, i due Batman (Micheal Keaton è spaziale, ma anche la prima scena con Ben Affleck è spettacolare) rimangono solidi entrambi coerenti con l’immaginario che si portano dietro. Discorso a parte per il nuovo Superman (una donna nell’universo creato da Barry) che riesce a portare su schermo un personaggio carismatico e per nulla speculare a quello interpretato dagli attori uomini che l’hanno portato su schermo prima. Davvero kudos per Sasha Calle, cattiva e determinata al punto giusto.

 

Se vi aspettate spiegazioni sul nuovo multiverso di James Gunn lasciate ogni speranza voi che entrate in sala: anche questa volta le scelte narrative non sembrano rivelare i piani del nuovo direttore del DC Universo, in questi giorni intento a scegliere il volto del nuovo uomo d’acciaio (e allora perché introdurre la sua versione femminile per poi lasciarla andare così?

The Flash rimane un esperimento riuscito a metà, forse uno dei film dell’universo DC (esclusi gli standalone) meglio riusciti per spettro narrativo e ambizione, ma allo stesso tempo un operazione che non riesce a prendere una strada chiara, coraggiosa per certi versi, per cercare definitivamente di differenziarsi dai prodotti Marvel che hanno letteralmente mangiato Hollywood negli ultimi 15 anni.

PS. Un elemento fortemente negativo, inspiegabile per un prodotto del genere, è la resa grafica della CGI sotto le aspettative e in alcuni casi imbarazzante se pensiamo al budget del film. Possibile che Weta e le altre aziende coinvolte non siano in grado di fare di meglio?
PPS. Uscire dopo il cartoon Sony Spiderman Across The Spiderverse toglie almeno un punto e mezzo alla pellicola con Ezra Miller. Troppo più alta l’asticella posta da Miles Morales che inevitabilmente si pone come nuovo standard per quanto riguarda le storie di super eroi e il loro rapporto con il multiverso. PPPS. C’è un post credit, ma non aspettative niente di trascendentale.