Voglio fare una piccola premessa a questo film. Ho visto l’anteprima in Italiano (scelta del distributore) e appena finito di vedere la pellicola sono rimasto un po’ stordito. Sapevo delle tante candidature possibili (alla fine sono state 9, tra cui ben tre del cast) e la sensazione che avevo era di non aver visto lo stesso film presentato a Venezia. In sala c’era soddisfazione ma una sottile linea di noia che vuoi o non vuoi aveva attanagliato gli spettatori.

Camminando verso casa ci ho ragionato. Guardando il soffitto ci ho ragionato. Mangiando i biscotti la mattina successiva ci ho ragionato. Alla fine sono arrivato alla conclusione che (non me ne vogliano i doppiatori) questo film è uno di quelli da guardare espressamente in lingua originale. So quanto sia importante da noi il voice acting, ma so anche quanto poco tempo viene dato ai nostri professionisti per doppiare un film e credo che questo sia il limite che si riflette in una pellicola come questa. Gli attori hanno tutti voci incredibili, sempre in dizione, anche i ragazzini parlano come se avessero studiato all’università, e qui però si crea una discrepanza, perché Gli spiriti dell’Isola è ambientato negli anni 20, in un’isola sperduta dell’Irlanda popolata da contadini senza nè arte nè parte proprio come il protagonista Padraic interpretato da Colin Farrell.

La storia del film è molto semplice: due amici Padraic e Colm, da sempre compagni di bevute si separano, per un motivo futile che lo stesso Colm spiega così: “non mi vai più a genio”. Da qui in poi inizia un viaggio all’inferno, una guerra di nervi che il povero Padraic, un bonaccione che crede essere gentili sia una qualità che i posteri ricorderanno, non sa come gestire. La mancanza di spiegazioni di Colm, anzi la sua spiegazione così semplice e priva di appigli, sono fonte di ansia e frustrazione per Padraic che invano cerca di riportare l’amico a sè.

Gli Spiriti dell’Isola è un film interiore. Per quanto i personaggi agiscano e si muovano sulla terra, la storia avviene quasi tutta all’interno delle loro menti. La sofferenza che sentono è legata al proprio vissuto, alle proprie scelte, a quelle che ancora non hanno preso e a quelle che non potranno più prendere. Il conflitto militare che si trova lontano dall’isola (la guerra civile) sembra quasi evocare quello dei personaggi che ad ogni colpo di mortaio alzano lo sguardo per poi tornare alla loro routine.

Il film suona un po’ come l’opera simbolo di Beckett “Aspettando Godot”: per i suoi dialoghi asciutti, per la staticità a tratti insopportabile (per i personaggi) che mette in scena e per la dinamica che caratterizza i protagonisti: intrappolati nel loro stato litigano, parlano, fanno pace, per poi trovarsi indissolubilmente legati l’uno all’altro. Gli Spiriti dell’Isola non è un film per tutti, una commedia nel suo significato più antico, quello che non prevede sempre un lieto fine o una risata, che cerca di scandagliare le parti più profonde dello spirito umano scegliendo però un personaggio basico, senza strumenti e senza lo spessore per gestire la sofferenza, l’irritazione e la solitudine che la scelta del suo amico Colm ha causato in lui.

Ps. Da segnalare, oltre ai due protagonisti, l’interpretazione di Kerry Condon (in doppiaggio poco leggibile) anche lui candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista.