Squadra vincente non si tocca, recitava un vecchio e noioso proverbio. In questo caso, però, il seguirlo  ha portato bene a Netflix.

Infatti a differenza degli ultimi, e spesso disastrosi, remake Devilman Crybaby segue per filo e per segno la trama dell’originale di Nagai.

Qualche ritocco ai protagonisti ed alla linea temporale (Crybaby è ambientato nel nostro presente) ma le vicende si svolgono nel medesimo ordine. E la cosa si rivela un bene: la triste storia di Akira è godibilissima ancora oggi e non è invecchiata nemmeno un po’. Inquietante, disturbante, ma carica di significato e, a suo modo, di poesia.

Lo stile grafico è stato reso più moderno e pulito. Sono stati inoltre usati degli effetti di luce fantastici. La siluette di Devilman in controluce nel primo episodio è stupenda, un mostro curvo e disumano che si intuisce più che vedere.

Grande attenzione è stata messa nel ricreare il personaggio di Miki. È stato abbandonato il suo lato da “teppista” in favore di una ragazza decisa e sportiva. Il che rende ancora più toccante la sua vicenda. Carini anche i compagni di classe di Akira trasformati in gangsta rapper. A scriverlo è un po’ ridicolo ma funzionano alla grande.

Una piccola delusione è Miko. Era uno dei comprimari più riusciti con il suo corpo devastato ed irrecuperabile (citato in una scena anche in Crybaby). Nella nuova versione, invece, è quasi una controparte femminile di Akira. Bellissima, crudele e mutaforma.

Altra piccola delusione è la resa dei vari demoni. Lo stile grafico è perfetto per rendere inquietanti i personaggi ma sui mostri, invece, non riesce a convincere. Le distorsioni senza troppi dettagli sui personaggi non umani li rendono troppo “finti”. Siren è decisamente più disturbante in forma di donna che nel suo aspetto di arpia. Per fortuna, come ho detto sopra, ci pensano le luci a sopperire egregiamente a questa mancanza.

Devilman Crybaby riesce dunque a convincere anche un fan come me. Il manga rimane comunque insuperabile a parer mio.