Siamo a metà del XVII secolo. Dopo un primo periodo di convivenza pacifica inizia in Giappone una dura persecuzione contro i giapponesi convertiti e soprattutto contro i missionari gesuiti che hanno portato il vangelo al confine orientale del mondo. Arriva in Portogallo la voce che uno di questi missionari padre Ferreira (Liam Neeson) abbia abiurato il cattolicesimo e si sia integrato con il popolo giapponese prendendo addirittura una moglie del posto. Convinti che queste siano solo delle calunnie Padre Rodriguez e Padre Garupe (Andrew Garfield e Adam Driver) decidono di andare in Giappone per scoprire di più sul conto del loro confratello e sulla situazione della missione in Giappone.

Parte da queste premesse Silence l’ultimo film di Martin Scorsese tratto dal romanzo di Shisaku Endo, scrittore giapponese cristiano e al quale il regista americano di origini italiane lavorava da quasi 30 anni. Un film così fortemente voluto da Scorsese e che si pone già tra i più importanti della sua grandiosa carriera.

Al cuore del film, sta il rapporto con la fede e con il mistero, una certezza per i due protagonisti al sicuro in Portogallo e che diventa una sfida una volta arrivati nel paese del sol levante. I due “padres” si ritrovano sballottati tra il sentirsi utili finalmente per le comunità di cristiani clandestini che finalmente possono ricevere i sacramenti e che confortano i due sacerdoti con la loro fede così autentica e genuina, così forte e sofferta e d’altro canto sballottati dal silenzio di Dio che sembra non rispondere alle loro preghiere e non sostenerli nelle prove e nel dolore a cui sono sottoposti, ma che loro continuano a cercare e imitare anche grazie alla testimonianza degli stessi Krishtan giapponesi così semplici e umili disposti a morire per affermare la propria fede e entrare nella gloria di Dio nel “paraiso”.

Il film è stato accusato dalla stampa cattolica americana di essere una sorta di apologia della sconfitta cristiana e dell’abiura, in realtà non c’è nessuna sconfitta, anzi Silence racconta un trionfo della cristianità, perché i persecutori potranno piegare, lacerare e distruggere il corpo e imprimere sofferenze enormi ma il cuore dell’uomo appartiene solo a Uno e solo, ed è nel cuore, nel silenzio  che sta la vittoria di chi solo può vedere così in fondo nell’animo e che può perdonare con immensa misericordia anche un’infinità di tradimenti a chi in fondo sente in sé quel “«Maestro, anch’io non capisco quel che dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore».

Non è un caso che Scorsese abbia lottato così tanto per portare a termine questo film lui che fin da ragazzino ha vissuto intensamente il rapporto con la religione cattolica tanto da anche entrare in seminario per poi allontanarsene e vivere gli eccessi del successo fino quasi all’autodistruzione per l’abuso di droghe soprattutto di cocaina e per poi riavvicinarvisi grazie anche al romanzo di Endo che, forse, gli da la speranza di misericordia nonostante una vita che si era allontanata così tanto.

Martin Scorsese sul set di Silence

Ma al di là di qualsiasi discorso ideologico o più riguardante quale sia o meno il significato del film Silence è veramente stupendo, tutto il cast è strepitoso, Adam Driver e Liam Neeson sempre ottimi e Andrew Garfield sorprendente regala un interpretazione forte ed emozionante. E poi il maestro che dimostra ancora una volta di essere il più grande cineasta vivente e uno dei migliori registi della storia del cinema, tutto il film ha delle inquadrature, dei movimenti di macchina e scelte di regia che fanno venire la pelle d’oca, numerosi gli omaggi al cinema giapponese soprattutto a quel Kurosawa tanto amato da Scorsese e a mio parere anche a Terence Malick regista che durante tutta la sua carriera ha fatto del tema della fede uno dei suoi topos.

Concludendo Silence è veramente un grande film, uno dei migliori e dei più potenti d Scorsese, è grande cinema da tutti i punti di vista e lo consiglio vivamente