Probabilmente Boris sta nel podio delle produzioni seriali nostrane per impatto culturale e per la capacità di penetrare nell’immaginario popolare, una forza che a distanza di anni dall’ultima stagione e dal film per il cinema non si è placata, anzi: ancora si citano battute ormai divenute di uso comune, ci riferiamo a quei personaggi cardine e iconici e quando si vuol stigmatizzare un’impostazione professionale “molto italiana” (quindi fanfarona, pressapochista, al ribasso e incondizionatamente cialtronesca) il pensiero va subito ai tanti momenti impietosi ed esilaranti presenti in Boris. È la rappresentazione plastica di un successo, che è diventato tale grazie a una grande scrittura e poi a un cast azzeccatissimo, trainato da un magistrale Francesco Pannofino.

Boris, in questi anni ragionevolmente recenti dove la televisione e il cinema nostrani si sono autodistrutti in modo sconcertante (dove velleitarismo, favoritismo, abbandono di ogni ambizione e scarsezza qualitativa procedevano di pari passi ad autoindulgenze e autoreferenzialità fetenti, peraltro tutte metastasi ancora tristemente dominanti), decideva di tornare ad avvalersi della cattiveria antica della commedia italiana, e con uno sguardo satirico mordace e lucidissimo guardava in faccia il problema della realtà che raccontava. Ne esibiva ogni panno sporco, ogni miseria, ogni negligenza e sciatteria, senza mai dimenticarsi di dare corpo ai personaggi e di creare pure un grande e irresistibile intrattenimento. E la serie, dal limitato spazio fornito dai canali satellitari di Fox e FX (e grazie al passaparola ma persino alla pirateria), passò ad essere trasmessa in chiaro prima su Cielo e poi su Rai 3, imponendosi come il fenomeno che sarebbe stato. Il resto è storia e un film al cinema del 2011 ( che personalmente ho apprezzato), il resto è una fanbase solidissima e affezionata che si auspicava un glorioso ritorno. E veniamo così a questo 2022, dove il desiderio ha preso sostanza con l’uscita di Boris 4, un revival che si colloca a più di dieci anni dagli eventi della terza stagione. Cambia la produzione, non più Fox ma The Apartment di Lorenzo Mieli per Disney +, ma tornano i creatori Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo ( orfani di Mattia Torre, scomparso prematuramente) e praticamente tutto il cast storico. Boris 4 è un ritorno una stagione che ha funzionato? In larga parte sento di dire sì. Lo sguardo feroce stavolta si posa sul mondo dello streaming e delle piattaforme social e René Ferretti con troupe e cast al seguito si ritroveranno alle prese con una fantomatica “Vita di Gesù”, una serie ispirata alla vita di Gesù con Stanis nei panni del protagonista e Corinna in quelli della Vergine Madre. I tentativi di realizzare questa serie per la piattaforma globale che la finanzia sono come al solito esilaranti, patetici e tragicomici e ogni singolo personaggio avrà modo di brillare in momenti specifici che si faranno ricordare. Mi è piaciuto il modo in cui ci si prende gioco delle varie istanze inclusive, feticcio delle attuali produzioni statunitensi, e di tutte le contraddizioni in cui incorrono; mi è piaciuta la sfida nei confronti dell’algoritmo della piattaforma, vero e proprio Dio artificiale che decide i contenuti e ogni singolo snodo narrativo; mi è piaciuto il duello personale di René, che con fare corsaro tenta di selezionare dal pattume generale pezzetti di girato per ricavarne la propria opera (sarà la volta della qualità o ancora la merda si staglierà sovrana?).

Insomma, questa quarta stagione ha tante cose buone e perfettamente a fuoco e soprattutto fa piacere ritrovare la stessa brillantezza di scrittura e l’affiatamento degli attori, sempre bravi e convincenti, tanto che non pare passato un giorno dall’ultima volta. Nonostante questo, mano a mano che ci avviciniamo al finale, si ha la sensazione che un po’ di mordente si perda e ci si afflosci un po’, anche a causa di scelte che poco mi sono piaciute o che poco ho compreso. Mi riferisco in particolar modo al modo in cui René la scampa dai capoccia della piattaforma, praticamente una gigantesca citazione a Flashdance che sa troppo di demenziale spinto, territori in cui Boris, pur mantenendo un alto grado di farsesco, non era mai approdato. E se voleva essere un momento demenzial-onirico, un riferimento alla “locura” o al “fottere l’algoritmo” è davvero poco chiaro e soprattutto disinnesca completamente la condizione di azzardo in cui era finito il regista, dandole una risoluzione frettolosa, deludente e sciocca. Per citare Boris stesso, tutto servito un po’ troppo “a cazzo di cane”. A mio avviso non molto riuscito, sempre negli snodi finali, anche il fatto che uno dei tre sceneggiatori sparisca per diventare “apparizione alla Obi-Wan Kenobi”. Capisco che la volontà fosse di realizzare un sentito omaggio a Mattia Torre, ma mostrate come sono mostrate le scene paiono inserite a forza e con poche motivazioni narrative interne. Per conoscere meglio l’omaggio a Torre vi invitiamo a guardare il video fatto dai nostri amici di Screenworld.it con Valerio Aprea a questo link. Ciò detto, e al netto di questi sgonfiamenti in fase risolutiva, Boris 4 è molto divertente e resta una delle pochissime produzioni italiane attuali che ha il coraggio di osservare la direzione che hanno preso interi settori creativi nostrani (e non solo), soprattutto che ha il coraggio di mostrare “come è” questa direzione. Una rotta spesso poco riconciliante, rassicurante, ma navigata con risata forte, contagiosa e liberatoria.