Io ve lo dico, ogni settimana che passa (per non dire ogni giorno) diventa sempre più difficile saziare la necessità di colmare il vuoto abnorme che la chiusura dei Cinema (la cui riapertura è oltretutto a data ancora da destinarsi) ha portato.
Se da un lato abbiamo sempre più servizi in streaming che si propongono il chiaro obiettivo di inondarci di contenuti dall’altro lato ci scontriamo con problemi tutt’altro che trascurabili.
Al momento le piattaforme a disposizione di noi cavie da laboratorio (o, se preferite, noi serbatoi di dati) sono Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, ma anche Chili, Hulu, lo stesso YouTube senza dimenticare realtà più o meno parallele come Discovery+ o quelle del circuito Sky e, come se non bastasse, all’interno di queste piattaforme non sempre basta l’abbonamento principale perché ad esempio Prime Video ha da poco varato una serie di canali tematici a loro volta strapieni di contenuti on demand che possono essere fruiti mediante un abbonamento secondario, idem Discovery+ e la stessa Disney+ si appresta ad espandersi dal prossimo 23 Febbraio aggiungendo il canale/contenitore Star che include in buona sostanza tutta una serie di produzioni legate al mondo Fox (il tutto con relativo aumento di prezzo dagli attuali 6,99 euro al mese ad 8,99 al mese, in alternativa 89,99 euro annui, per i nuovi abbonati, i vecchi abbonati continueranno a pagare il prezzo iniziale…fino ad Agosto 2021) dove non mancheranno produzioni realizzate appositamente, i cosiddetti “originals”, novità che man mano andranno ad aggiungersi e tra cui spicca in particolare il catalogo di film che presenta, tra gli altri, l’intera saga di Alien e Die Hard in mezzo a titoli non meno importanti come ad esempio Ladyhawke, Pretty Woman, Cocoon, Commando, Logan, Titanic e molto altro.
Sempre Disney+, inoltre, pare possa ripetere l’esperimento di Mulan con accessi VIP per poter vedere a casa film che, almeno nei piani iniziali, erano destinati alle sale cinematografiche.
Tenete poi conto che se ci spostiamo al di la dell’oceano in America dobbiamo aggiungere alla lista per lo meno HBOmax e, da Marzo, Paramount+ (che sostituirà CBS All Access).
La mole di canali, programmi, film, serie, documentari, reality di cui potremo fruire mediante abbonamento (in media intorno ai 70/80 euro annui) è semplicemente abnorme, ma in larga parte già oggi è così, sebbene alcuni contenuti di servizi non distribuiti in Italia vengano poi ribaltati su altre piattaforme.
Un caso emblematico sono le nuove produzioni legate al franchise fantascientifico Star Trek.
La prima serie nata in questo contesto è Star Trek: Discovery che in Europa è visibile su Netflix, la successiva Star Trek: Picard, uscita lo scorso anno, è stata da noi distribuita da Amazon Prime Video come pure la recentissima Lower Decks. Gli utenti si sono trovati sballottati nel giro di un anno prima su Prime Video con Picard, poi su Netflix con Discovery e, finita Discovery, di nuovo su Prime Video con Lower Decks.
Se si è poi fan della fantascienza e si aspetta di vedere l’attesa serie sul ciclo delle Fondazioni di Asimov bisognerà accendere un abbonamento su AppleTV, ma se volete vedere Brave New World dovete abbonarvi a Starzplay (abbonamento a sua volta subordinato a quello di Prime Video) e naturalmente non bisogna trascurare Disney+ se si vuol seguire l’imminente tsunami di contenuti in live action (e non) dell’universo di Guerre Stellari (e del Marvel Studios).
Poi c’è il caso di HBOmax che recentemente è salita agli onori della cronaca poiché, in conseguenza della Pandemia, ha deciso di distribuire in streaming tutta la produzione Warner destinata ai Cinema nel 2020 (e presumibilmente oltre) o per lo meno laddove i Cinema sono chiusi (da noi che non abbiamo ne Cinema ne HBOmax non è ancora dato sapere con certezza di che fine finiremo anche se si vocifera il probabile approdo di questi titoli su Sky Atlantic).
Capite che se trovavate esoso un ecosistema dove fondamentalmente eravamo circoscritti al canone Rai e all’abbonamento Sky quello che stiamo in parte già vivendo e che vivremo sempre di più ci farà sembrare quelle spese un peso appena superiore a quello di un aperitivo al bar.
Francamente non so fino a che punto ci si rende conto che l’utente medio difficilmente può sobbarcarsi di 50/60 euro di abbonamenti vari al mese come pure non so se sia sostenibile il saltare da un abbonamento all’altro nella speranza che le uscite siano programmate in modo da non accavallarsi.
Poi c’è la questione dei contenuti che, a ben vedere, non possiamo sempre definire all’altezza delle aspettative (anzi).
Quantità non è mai sinonimo di qualità e purtroppo lo streaming non fa eccezione. Per farvi un esempio, ieri sera ho finito di cenare che erano circa le 21:00, ho perso oltre mezz’ora alla ricerca di qualche titolo da mettere nella mia lista dei video da vedere. Successivamente ho perso circa un’ora per rendermi conto che due dei titoli che avevo segnato erano di una pesantezza totale (forse il tutto sarà aggravato dallo stato di noia deprimente che ci circonda date le norme di contrasto alla Pandemia, non so), nel senso che ho perso una mezz’oretta a guardare un film rivelatosi una boiata totale e un’altra mezz’ora a vederne un altro che, a dispetto della trama indicata nell’anteprima, se avessi messo una telecamera fuori dal balcone di casa avrei ripreso situazioni più avvincenti (e tenete conto che, passate le 22:00, sotto casa non si vede una macchina fino alle 5 del mattino).
Alla fine, quando l’orologio cominciava a pendere verso le 23:00 (ed io verso il letto) ho ripiegato in una miniserie di 4 episodi su Netflix, un documentario con alcuni timidi inserti di fiction, intitolato Night Stalker sull’omonimo serial killer che terrorizzò la California negli anni 80 (e che se siete amanti del genere vi consiglio di vedere perché è davvero ben fatto e interessante).
L’esempio che vi ho appena raccontato devo confessarvi che rappresenta ormai la quasi quotidianità di ciò che succede la sera in un mondo dove, finito di lavorare, non puoi fare nient’ altro fuori dalle mura di casa.
Va ad onor del vero detto che di tanto in tanto anche lo streaming ci regala bei momenti, mi viene da pensare a film come Highwaymen o The Irish Man, a serie come Dark o Lupin, ma il problema è che parliamo di gocce in un oceano di inutili contenuti frammentati in una miriade di abbonamenti sempre più ingestibili dove la differenza la faceva, inevitabilmente, il Cinema.
Diventa innegabile che l’apporto del Cinema, sia dal punto di vista produttivo che della fruizione, era ed è fondamentale e insostituibile, senza necessariamente ricordare la differenza abissale che c’è in termini di “esperienza”.
Sarà emblematica l’imminente uscita di Justice League su HBOmax che nasce come glorificazione visiva ed emozionale della mastodontica magnificenza dell’IMAX e che invece vedrà la luce solo dopo il suo dirottarsi sul piccolo schermo in un formato che renderà gli schermi (ormai tutti 16:9 o giù di lì) ancora più piccoli (in un certo senso, dato il taglio dell’immagine).
Purtroppo tutte queste considerazioni confluiscono nel forte dubbio che a trarre vantaggio da tutto ciò non potrà che essere la pirateria con il rischio (come se non fosse già alto di suo) di dare un ennesimo colpo mortale ai Cinema ed alla Cinematografia in genere.
Prima della Pandemia avevamo potuto apprezzare qualche timida buona volontà da parte di alcuni grossi circuiti di sale cinematografiche interessati a nuove aperture di piccole strutture anche in cittadine di modeste dimensioni.
Chi vi scrive vive in un paese, Sora, abitanti circa 26000, che negli anni ’60, forse in virtù dei natali di Vittorio De Sica, poteva vantare ben 6 sale cinematografiche (una di livello nazionale che, paragonata ai giorni nostri, era come se in un paese di provincia, all’epoca difficilmente raggiungibile, vi fosse un multisala IMAX di ultimissima generazione).
Oggi sapete quante sono le sale cinematografiche presenti a Sora? ZERO.
Ed è così un po’ in tutta Italia, purtroppo, per mille motivi che suppongo conosciamo tutti bene.
La Pandemia ci costringe ad osservare un orizzonte tutt’altro che roseo da cui non si vede la via di uscita se non prima del prossimo autunno inoltrato e lo streaming cavalca questa circostanza proponendosi come unica strada per salvare il salvabile, ma qual è il rapporto tra sostanza (qualità) e “costo” (non solo economico) di ciò?
Per questo temo che l’inondazione di nuovi servizi e piattaforme di streaming siano più una sorta di distopia che non una libertà su cui dovremmo fare molta attenzione tutelando per contro le sale cinematografiche che, dal mio punto di vista, rappresentano un “termometro” importante della crisi che viviamo e francamente penso che non potremo dirci davvero in salvo (non solo dal virus) fin quando non rivedremo aperti Cinema e Teatri.