Il grande divario (abisso per alcuni) nelle consolle si ebbe con la prima Playstation e le relative macchine concorrenti. Ovvero con quelle macchine che, grazie alla potenza dei processori, riuscivano a gestire agevolmente la grafica poligonale.
I poligoni, prima relegati ai noiosisissimi simulatori per pc (pompati), invasero prepotentemente tutti i generi di gioco, dal picchiaduro al platform. Fu da lì in poi che la pixel art cessò di essere la grafica principale dell’intrattenimento videoludico e divenne “simbolo” di un’era passata. Ad oggi, ancora, è l’immagine più iconica del retrogame.
Quando, infatti, si pensa ai “giochi vecchi” le prime immagini che si formano in testa sono quelle di omini cubettosi che si muovono in mondi altrettanto “edilizi”.
Una delle prime macchine ad introdurre il concetto di pixel art fu il Commodore 64; le macchine precedenti, infatti, utilizzavano una grafica fatta con caratteri. Gli enormi pixel rettangolari del C64 furono una vera e propria rivoluzione. Con l’introduzione delle macchine a 16 bit come l’Amiga, il Super Nintendo ed il Megadrive la risoluzione della grafica ed il numero di colori su schermo aumentarono considerevolmente. Per molti retrogamers il periodo dei sedici bit è lo stato dell’arte, ricordiamo i vari Shadow of the Beas, Zelda, Sonic, ecc.
Il “limite” dato dall’effetto mosaico di questa particolare grafica era palpabile. Ma spesso i disegnatori riuscivano a stupirci con soluzioni geniali. Su Amiga spiccavano le stupende schermate di Agony, i lavori di Rico Holmes per il Team 17, la grafica “metallica” dei The Bitmap Brothers.
I pixel erano la grafica “dei videogiochi”. Nessun altro media la usava ed, al contrario della grafica 3d odierna, connotava il mondo informatico in modo inequivocabile.
In videogiocatore, quindi, si trovava di fronte ad un mondo assolutamente particolare, riconoscibile anche dai profani e spesso bistrattato. Eppure lì stava tutta la magia del divertimento elettronico, tra i miracoli dei grafici e la nostra fantasia i personaggi cubettosi assumevano una profondità che nessun motore tridimensionale sarebbe riuscito più a farci rivivere. Effetto nostalgia? Certamente. Però allora fummo i pionieri di un nuovo tipo di divertimento; forse di un nuovo tipo di “mondo”. E questo nessuno lo potrà mai negare.