Con una produzione complicatissima che ha portato il nostro buon Tom Cruise sull’orlo di una crisi di nervi (vi ricordate il leak della sua lavata di orecchie a due della produzione che non portavano le mascherine sul set?) arriva finalmente nelle sale Mission Impossible 7 Dead Reckoning dopo averci promesso tantissimo, e forse fatto vedere troppo, nella miriade di trailer usciti fino ad oggi.
Quella “musichetta” scritta da Lalo Schifrin ha sempre colpito il mio immaginario. Ogni volta che mi trovo in una situazione complicata (che sia saltare da un treno in corsa, mai fatto, o stendere il bucato, mi succede spesso) non riesco a non canticchiarla saltellando come mi trovassi sull’orlo di un precipizio con i proiettili nemici che mi sfiorano ad ogni balzo. E’ LA musica da action-spy movie, quasi più del tema di Bond, ve lo dico.
Sono passati quasi 30 anni da quel primo Mission Impossible (1996) girato da Brian De Palma e la serie ha attraversato tutti questi anni non senza qualche problema (vedi MI2, non me ne vorrai John Woo). Partito come un classico film di spie, poi diventato un melò d’azione, per trasformarsi in un thriller nelle mani di J.J. Abrams, mago del FlashBack e del Flash Forward, fino a diventare una sofisticata macchina narrativa al servizio dell’action (capitolo 4 e 5), per poi consacrare nel sesto capitolo la dedizione e l’incredibile spericolatezza che ha portato Tom Cruise a diventare all’età di oltre 60 anni, un novello Buster Keaton: sempre sul set anche quando le scene diventano così pericolose da mettere a repentaglio l’intera produzione. Insomma come avrete capito le aspettative sono molto alte.
Mission Impossible 7 sceglie il prologo per spiegarci dove e come ci troviamo dopo il capitolo precedente. Non amo i prologhi (lo ha usato Indiana Jones, come anche Fast X) ma ne capisco l’utilizzo soprattutto quando si hanno così tanti capitoli alle spalle e un pubblico non sempre in pari con il racconto. Non è però l’unico artificio scelto dagli sceneggiatori. Dopo un po’ infatti ci viene rivelato (spoiler, ma neanche troppo non me ne vogliate) che il nemico di turno (quello in carne ed ossa) viene dal passato, un passato che però nessuno di noi ha mai visto raccontato visto che tale brutto ceffo ha fatto qualcosa di brutto a Ethan prima ancora che De Palma girasse il primo capitolo. Una mossa un po’ debole, scusate ma è difficile costruire una reazione emotiva a un cattivo che di fatto non è mai esistito.
Se a questo aggiungiamo che l’altro 50% di cattivo è un’intelligenza artificiale diabolica impossibile da far vedere se non attraverso un mucchio di luci e un po’ di sound design capite bene che le cose diventano abbastanza complicate. Ma andiamo avanti.
Ogni tanto guardo l’orologio durante la proiezione. Lo faccio alle volte per capire che ritmo ha il film, dove mette quale scena e dopo quanto ci introduce alla storia principale, ma questa volta lo ammetto, ero anche un po’ annoiato. Tale “ansia” è forse dovuta dal fatto che il giorno prima mi ero rivisto Ghost Protocol per rientrare nel mood (è uno dei miei preferiti della saga). Ebbene lì al quarto minuto, QUARTO, siamo nel bel mezzo di una rivolta all’interno di un carcere all’interno del quale il nostro protagonista è rinchiuso. Qui le cose sono molto diverse. Si predilige la parola, il dialogo, le scene si susseguono come fossero pagine di un libro e di azione manco l’ombra fino a quando finalmente comincia…ma è un inseguimento in aeroporto. Non una rivolta in carcere, una corsa in aeroporto.
La finisco con gli spoiler (ma veramente non vi ho detto nulla), da qui in poi mi limiterò a commentare il film in maniera più generica.
MI7 è un ottimo film, che promette molto ma che non sembra riuscire a trovare quel ritmo, quella velocità, che in altre pellicole aveva reso l’esperienza di visione incredibilmente affascinante, divertente, appassionante con tanto di risatine alla fine di una scena “impossibile” e momenti wow nei colpi di scena. Tutto questo c’è, ma funziona meno. MI7 è un film stanco (forse dalla produzione lunghissima? Dall’età del protagonista?) che forse fa l’errore già fatto da molti in passato di provare a diluire un film in due pellicole (per questioni economiche?) regalandoci tanto minutaggio non sempre di qualità. Non me la sento di sconsigliare la visione di questo film perché sarebbe un delitto: si tratta di un opera mastodontica, girata in varie nazioni, con una miriade di attori, stunt, scene complessissime che dimostrano ancora una volta quanto Cruise crede nel suo cinema, quanto ama la settima arte al punto da investire 4 o 5 anni della sua vita su un unico progetto (con Top Gun 2 in mezzo).
Sono convinto che, malgrado i problemi, MI7 sarà un successo, perché come molti ero lì in prima fila al primo spettacolo disponibile, perché per quanto a molti non piaccia, Tom Cruise è un pezzo della storia del cinema e per il cinema combatte ogni giorno. E la sua passione è travolgente (avete visto a quante anteprime si è presentato a sorpresa?) come la sua professionalità, la dedizione, dotato com’è di un carisma che spesso si sprigiona anche solo con un sorriso sornione su cui ha costruito un’intera carriera, un segno di riconoscimento, un segno di intesa con il suo pubblico, come a dire “anche stavolta l’abbiamo portata a casa”. Ecco, seppur a fatica Tom, anche stavolta l’hai portata a casa, e si, aspetterò con ansia il prossimo capitolo per chiudere questa lunga cavalcata di oltre 30 anni, dove hai preso una serie degli anni 70, si cult, ma dal dubbio successo (si aggirava tra il 30esimo e 50esimo per ascolti) per trasformarla in uno dei più grandi blockbuster di tutti i tempi.
PS. Simon Pegg è usato davvero troppo poco, e per di più senza una reale motivazione: c’è già un “man on the chair” (Ving Rhames) e tenerne due è uno spreco di sedie.
PPS. Perché prendere un’attrice talentuosa come Pom Klementieff è poi farle fare una sorta di cattiva muta (che muta non è)?
PPPS. Manca tanto il buon vecchio Jeremy Renner
Disclaimer: ho visto la versione doppiata in IMAX (Isense, quindi no vero IMAX, da noi non c’è).