Presentato nella cornice della città eterna con tanto di Colosseo sullo sfondo (il primo red carpet solo stampa, il secondo è stato al The Space Cinema Moderno) Fast And Furious arriva dopo 22 anni al 10 capitolo. Una saga sorprendente che ha saputo crescere nel tempo, dagli incassi iniziali poco sopra i 100 milioni di dollari, al miliardo e mezzo di Furious 7 che di fatto ha proiettato il franchise nell’olimpo degli IP più remunerativi della storia. Non male per un film di macchine.

L’aumento degli incassi ha fatto lievitare i budget ma non il livello della costruzione narrativa che rimane praticamente la stessa in tutti i capitoli. In Fast X aumentano le macchine, gli incidenti, la complessità dei colpi, le città distrutte, il numero di star su schermo, in questo decimo capitolo affollatissimo, con alcuni di loro compaiono solo per dire “presente”, nonché il numero di scene a ralenti con fiamme, metallo e gomme sfrigolanti.

La scelta di Roma per la première non è casuale, se vivete nella capitale non potete aver ignorato l’anno scorso l’arrivo della troupe che si è divisa tra il centro storico e le zone limitrofe. Se pensate di vedere Roma riprodotta come la ricordate però, lasciate ogni speranza o voi che entrate in sala, Louis Leterrier ci propone una topografia di Roma rivista e corretta, uno stradario completamente stravolto per venire incontro alle necessità “distruttive” del franchise. Roma è un po’ Roma, un po’ Bologna, un po’ CGI e a quanto pare il Vaticano ora ha un enorme ponte che si affaccia su via della conciliazione (come anche il Pincio che è diventato un’autostrada e di Villa Borghese non c’è traccia).

BREVE RANT: ma come si fa a venire a girare a Roma è stravolgere completamente una città che per quanto riconoscibile diventa un set da tagliare e modificare per esigenze di scena? Roma non è New York, che per quanto sempre identificabile, può essere smontata e rimontata nelle sue zone secondarie. Mi rendo conto delle necessità, ma ha senso girare in location? A sto punto potevano fare tutto in Blue Screen e ciao! FINE RANT

Dal punto di vista dell’intrattenimento non manca nulla, il film è un susseguirsi di scene una più over the top dell’altra. Passerete il tempo a dire “ma come cazz…” “Ma come ha fatto?” “Se vabbè è arrivato..” o cose simili, nel contempo però non riuscendo a negare a voi stessi un certo godimento nel vedere su schermo realizzate manovre che neanche un 12enne con le macchinette al parco riuscirebbe a immaginare. Fast X è fan service allo stato puro, un franchise che non ha più niente da dimostrare e che si autocelebra in questo primo (di tre) capitolo della saga finale che porterà Toretto e compagnia bella a chiudere il cerchio e appendere, ma chi lo sa di sti tempi, le chiavi al chiodo.

Da notare il cattivo interpretato da Jason Momoa che si è divertito come un pazzo a caratterizzare il personaggio (un vero e proprio inception nel primo capitolo, dove Momoa viene inserito digitalmente) tirando fuori un interpretazione fluida, divertente e pazza (sembra quasi Johnny Depp in Pirati dei Caraibi) che si sposa bene con il tono sempre sopra le righe di tutto il cast.

Fast X è Better Faster and Stronger per citare una canzone dei Daft Punk. Il problema è che tutta questa abbondanza non sempre si traduce in un salto qualitativo della saga, che rimane ancorata a dei meccanismi visti e rivisti e riassumibili in: “macchine che corrono inframezzate da momenti soap sudamericana”.