C’è una sorta di ritualità nello andare a vedere un film al Cinema. Una ritualità fatta di gesti come l’acquisto del biglietto, di sensazioni come l’odore dei popcorn e la consapevolezza, inconscia o meno che sia, di far parte di uno spettacolo che nessun televisore o videoproiettore casalingo può emulare e sostituire.
Nel mio caso specifico, poi, andare al Cinema significa mettersi in macchina e percorrere un centinaio di chilometri per raggiungere una struttura degna di chiamarsi tale ai giorni nostri, per cui l’esperienza appena descritta si amplia anche di momenti come il viaggio, la cena e tutto ciò che consegue lo spostarsi per un giorno in una grande città come Roma.
Tutto questo, come detto, non è minimamente paragonabile al contesto casalingo in cui si fa sempre più strada il mondo dell’”On Demand” che risponde a logiche ed esigenze completamente differenti. Per contro, proprio queste differenze sostanziali tra Cinema e Streaming fanno si che i meccanismi di scelta di un film da vedere sono anch’essi molto diversi tra loro.
Non so voi ma a me molto spesso capita di rendermi conto che i film che decido di vedere su Netflix o su Prime Video con tutta probabilità difficilmente sarei andato al cinema a vederli. Il Cinema genera una selettività più marcata, si tende ad essere più esigenti forse perché lo percepiamo come un evento più dispendioso in termini di tempo e di soldi per cui necessariamente facciamo una cernita molto pesante dei titoli disponibili nelle sale.
La possibilità di accendere la TV dal proprio divano e con un click passare da un canale all’altro o da un film all’altro ci permette così di scovare piccoli e grandi capolavori che altrimenti potremmo persino non scoprire mai.
Ciò non toglie l’assoluta insostituibilità del Cinema o meglio dell’esperienza cinematografica che dobbiamo recuperare quanto prima onde evitare di ritrovarci in una crisi culturale dagli effetti imprevedibili e devastanti.
Tutto questo preambolo, un po’ lungo, me ne rendo conto, per arrivare a dire che oggi è uno di quei giorni in cui “non” andare al Cinema mi ha tuttavia permesso di scoprire e dare fiducia ad un film, La Nave Sepolta, che oltretutto tratta di un argomento per me molto interessante, ovvero una delle più importanti scoperte archeologiche avvenute in Inghilterra negli anni ’30 del ‘900 e più precisamente il ritrovamento di un’antica nave sepolcrale del quasi sconosciuto, se non fosse proprio per il ritrovamento, Re Redwald.
La storia, di cui il film adatta il romanzo del 2007 di John Preston, in qualche modo mi ha ricordato quella della nave vichinga Oseberg, che infatti viene citata nel film, anch’essa usata come tumolo sepolcrale, e quindi affascinato da questo paragone non ho proprio potuto dire di no a questo film che, per altro, vede quali protagonisti Ralph Fiennes e Carey Mulligan (all’inizio doveva esserci Nicole Kidman).
Il film è in produzione dal 2018 e le riprese sono state effettuate a fine 2019 quindi ci troviamo davvero a ridosso dell’esplosione della Pandemia da cui questo lungometraggio si è salvato per poco e quindi rappresenta una delle ultime produzioni svolte senza protocolli, limitazioni e ritardi vari.
Inquadrature lunghe, grandangoli, romantici tramonti (che se ce ne fossero così in Inghilterra almeno una volta al mese varrebbero da soli l’idea di trasferirsi a vivere nella campagna inglese).
Personalmente l’unico aspetto stilistico che non ho apprezzato moltissimo è l’ampio uso di riprese “a spalla” molto mosse tipiche di un film di azione ma che meno si adattano all’atmosfera di un film che vuole in qualche modo suggerire un’idea di controversa pace interiore nell’immagine e anche nella personalità dei protagonisti.
Ho trovato molto affascinante la luce scelta, quasi sempre un tramonto non troppo saturo con sfondo un cielo spesso limpido che, come detto, non sono sicuro abbiano mai visto in Inghilterra ma che comunque dal mio punto di vista da un valore aggiunto alla narrazione che fortunatamente non si perde in lunghi noiosi preamboli e già subito ci proietta all’interno dell’oggetto del contendere e le difficoltà ad esso conseguenti (le cui avversità sembrano accompagnare anche l’arrivo di un tempo un po’ meno clemente, meteorologicamente parlando).
Improvvisamente ci ritroviamo in contesti che per certi aspetti tradiscono quanto detto fino ad ora, il ritmo decade, l’atmosfera si fa grigia, soprattutto quando ci si concentra sulla cagionevole salute della protagonista la cui sorte in qualche modo si pone tanto a contrasto quanto ad intreccio del progressivo ritorno alla luce della nave sepolcrale e dei suoi segreti.
Ne consegue, tolto forse un eccessivo indugiare in questo intrecciarsi di risvolti, da un lato la progressiva scoperta della nave e della sua storia e dall’altro il sempre più difficile cammino della sua protagonista.
Questa sorta di intimo legame tra la nave e la protagonista finisce inevitabilmente con il diventare il centro della vicenda facendo tuttavia correre il rischio alla pellicola (si fa per dire “pellicola”) di apparire a tratti lento.
Ciò non toglie che ci troviamo comunque di fronte ad un film nel suo complesso assolutamente apprezzabile, supportato da una buona prova attoriale con un, come sempre, ottimo Ralph Fiennes a sua volta ben supportato dal resto del cast.