Hereditary, le radici del male” uscito nelle sale il 25 luglio di quest’anno, è il primo lungometraggio del regista statunitense Ari Aster. Il film è stato un successo al Sundance Film Festival, e sul web i critici si sono letteralmente scatenati. Ho letto davvero di tutto, comprese alcune interviste a questo promettente regista che ha, senza tanti complimenti, smontato le più disparate teorie ed interpretazioni riguardo a questo suo primo lavoro.
Iniziamo questo viaggio con una ripresa in soggettiva, esplorando alcuni interni dei modellini creati dalla protagonista Annie, magistralmente interpretata da Toni Collette. Quello che ispira queste creazioni artistiche sono bizzarri episodi della sua vita, riprodotti in scala, con inquietanti figure.
La storia narrata in “Hereditary” è quella della famiglia Graham: la nonna Ellen, sua figlia Annie (Toni Collette), Steve Graham, il marito di Annie (Gabriel Byrne), e i loro due figli Peter e Charlie (Alex Wolff e Milly Shapiro). Il funerale della madre di Annie apre le danze e il suo elogio funebre, a dir poco grottesco, ci introduce in quella che sarà un’escalation di eventi inquietanti e sempre più assurdi.

Il film inizia come un dramma psicologico in cui ogni personaggio è tenuto a confrontarsi con il lutto, ciascuno affronterà i propri demoni e le proprie paure, ma qualcosa ci sfugge…stiamo appena iniziando a percepire che c’è dell’altro anche se ancora non sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Siamo coinvolti e rapiti dagli eventi ed il tutto degenera rapidamente spalancandoci le porte dell’occulto. Ci sono chiaramente due parti distinte: una che riguarda le vicissitudini di una famiglia problematica alle prese con i suoi drammi, l’altra che esplora veri e propri fenomeni paranormali. Questa duplicità è insita anche nella interpretazione del titolo stesso: “Hereditary” come ereditarietà genetica della malattia mentale, oppure, come ereditarietà di una maledizione, in questo caso tramandata di madre in figlia.
Improvvisamente l’equilibrio precario che tiene in piedi la famiglia Graham si spezza, ma non è chiaro se Annie stia letteralmente impazzendo o se, come nei suoi modellini, c’è qualcosa al di sopra di noi che ci manovra e ci governa. Sarà forse un destino beffardo, il delirio della malattia mentale o un’entità malvagia e demoniaca?! A questo punto del film non c’è dato saperlo.
Quello che ci opprime e ci disorienta durante la visione è una continua sensazione d’angoscia, di dubbio e disorientamento, magistralmente guidata e voluta dal regista, come lui stesso ha più volte dichiarato.

Azzeccatissima la scelta del cast, tutti molto intensi, con una strepitosa Toni Collette che guida questa famiglia in un’avventura agghiacciante. Le tinte spettrali e fredde che colorano la fotografia, contribuiscono a darci un senso d’insicurezza e terrore per tutta la visione. Le sequenze girate al buio sono le più terrificanti del film, Ari Aster gioca con la penombra da cui emergono figure inquietanti, indistinguibili ad una prima occhiata. Degna di una menzione speciale è la colonna sonora creata da Colin Stetson, che ha composto queste musiche inquietanti. Stetson e Aster infondono allo spettatore una lenta agonia, non ci sono vere esplosioni sonore, il tutto rimane come sospeso, ci disorienta e ci opprime; c’è una perfetta integrazione tra immagini e suono, con un andamento davvero angosciante.

Se questo è il suo esordio, non posso immaginare cosa Ari Aster sarà in grado di proporci da qui in avanti! Questo suo primo lavoro è una rivelazione, sicuramente da vedere!

ATTENZIONE SPOILER!!!!!!!!

Il finale di Ari Aster è la sequenza che ha suscitato più critiche e acceso discussioni. Si raggiunge l’apice dell’horror dove i cattivi vincono su tutto, il male trionfa sul bene, la famiglia è distrutta e non c’è possibilità di redenzione per nessuno. Anche se, a tinte marcatamente grottesche, direi che ci sta TUTTO! Vi aspettavate forse un happy ending?!

Ma cosa è successo al diavolo?! “Hereditary, le radici del male” fa parte di quel filone di film che negli ultimi anni ha visto protagonisti “demoni minori” ma di certo non meno cattivi. Sono loro i nuovi antagonisti della scena horror contemporanea. Nuove figure sono entrate nel nostro immaginario da incubo e sembrano proprio aver spodestato Lucifero in persona!!

Parlo di film come le creazioni di James Wan (la serie “Insidious”, “The Conjuring” I e II, “Annabelle” I e II) di Scott Derrickson (“Sinister I” e “Sinister II”), di Jennifer Kent (“Babadook”) ecc… in questi film troviamo demoni sbucati direttamente dai nostri peggiori incubi che bramano di entrare nel mondo dei vivi.
Ari Aster ci svela sicuramente suggestioni da film come “Rosemary’s Baby” (Roman Polanski), ma segue però questa nuova tendenza proponendoci un demone che è altresì uno dei re dell’inferno: Paimon. Ci sono fonti storiche che confermano l’esistenza di questo demone, prima fra tutte: “La Piccola chiave di Salomone” (grimorio anonimo del Seicento) uno dei più famosi testi di demonologia.