Una torta stupenda, un’opera d’arte del cake design, ma con un gusto normale
Fantastic Four: First Steps è come una di quelle torte da esposizione: bellissime, decorate con una precisione maniacale, capaci di attirare l’attenzione e far venire l’acquolina in bocca. Poi le assaggi, e sì, sono buone… ma non sorprendono.
Così è questo film: una confezione impeccabile, curatissima in ogni dettaglio visivo e tecnico, che però lascia la sensazione di un prodotto sicuro, studiato, ma privo di slanci narrativi davvero memorabili.
La storia dei Fantastici Quattro al cinema è una saga travagliata, fatta di tentativi falliti, reboot dimenticabili, attori riciclati in ruoli Marvel più riusciti. Questo passato ingombrante pesa come un’ombra, e la Marvel lo sa. Per questo First Steps nasce chiaramente con l’obiettivo di riscrivere la percezione di questo gruppo: dimenticare la damnatio memoriae e offrire finalmente dei personaggi credibili. E su questo punto, missione compiuta.
Il cuore del film è nella caratterizzazione dei protagonisti: credibili, coerenti, umani. C’è una bella attenzione ai rapporti, alle paure, alle reazioni di fronte al cambiamento. Anche se non vediamo La Cosa a petto nudo e Reed non si sforza di sembrare un eroe da poster, il film riesce a rendere interessante ogni interazione, ogni momento di esitazione o di coraggio. È un film costruito sulle persone, non sui poteri. E naturalmente si spinge moltissimo sullo sbandierato senso di famiglia, che qui diventa quasi una missione didascalica: ogni gesto, ogni dialogo, ogni conflitto è incorniciato dentro questo concetto, che viene ribadito più volte e in tutte le salse, fino a risultare un po’ insistente, come se lo spettatore dovesse impararlo a memoria.
La CGI è di ottima fattura, precisa, sempre funzionale alla scena. La resa visiva dei poteri è ben pensata, anche se in alcuni momenti La Cosa regala qualche “WTF?” visivo che spezza un po’ il tono realistico. Ma è un difetto minore.
Il vero limite è la trama: prevedibile, lineare, pensata per non sbagliare. Non ci sono sorprese, né rischi. Una storia piatta, scritta per restare nei binari, evitando deviazioni o twist che potessero destabilizzare il pubblico. È come se la priorità fosse quella di non compromettere il lavoro fatto sui personaggi.
E così prendi un pizzico di Contact, una spruzzata di Interstellar, un tocco di Godzilla, e ottieni una miscela già vista, che funziona ma non entusiasma. Tante erano le teorie, le attese, le ipotesi su dove sarebbe andata a parare la Marvel con questo reboot. E invece tutto si riduce a un film sobrio, con pochi momenti da ricordare e molta attenzione alla costruzione delle basi. Ma il titolo parla chiaro: First Steps. Questi sono i primi passi. Un’introduzione, una fondazione. In questo senso il film è onesto, trasparente e non cerca il colpo di teatro, ma punta alla solidità. E come già accaduto con Superman di Gunn, anche qui non mancano le strizzatine d’occhio nostalgiche per i cinquantenni in sala: citazioni, dettagli, ambientazioni, musiche e riferimenti che parlano chiaramente a chi ha vissuto i fumetti o le prime trasposizioni cinematografiche. Di sicuro ci sarà da divertirsi a scovare gli easter egg nascosti, perché ce ne sono, eccome.
In estrema sintesi: Fantastic Four: First Steps è un film gradevole, ben confezionato, con una cura maniacale all’aspetto visivo ed ai personaggi, ma con una storia che non osa mai. Una bellissima copertina per un disco dai brani perfetti, ma che difficilmente finiranno tra i tuoi preferiti.
Ma la sostanza resta: i Fantastici Quattro sono tornati, e almeno stavolta, sono partiti con il piede giusto.
Come note finali aggiungo che purtroppo l’ho visto doppiato in un italiano scadente, che ha penalizzato ulteriormente l’esperienza. Ci sono inoltre due scene mid e post credits.