Sono passati 7 anni dall’uscita di The War – Il pianeta delle scimmie, sequel di Apes Revolution e L’alba del pianeta delle scimmie (se volete darvi un occhio ai titoli originali sì, la nostra tendenza a cambiare i titoli ha colpito di nuovo. Per qualche strano motivo da noi il primo è stato tradotto con “alba del…” pur essendo “rise of” di fatto bruciando il titolo del secondo che realmente si chiamava “Dawn of…”, ma ormai era già preso ed è scattato un cambia-nome a catena. Che ci dobbiamo fare…) ma soprattutto sono entrati nelle casse della Universal più di 2 miliardi di dollari complessivamente. E come ci insegna Hollywood quando le cose funzionano, o meglio, fanno soldi, bisogna continuare a battere il ferro finché non c’è più niente da battere (scusate la licenza poetica).

Per fare questo però Universal non tenta la via del reboot, almeno non in maniera palese. Il Regno del Pianeta delle Scimmie si pone infatti come un vero e proprio sequel con gli eventi che si svolgono alcune generazioni nel futuro rispetto a quelli con protagonista Cesare (la scimmia, non l’imperatore). Questo spostamento temporale fa si che, per quanto mascherato, ci si sente davanti a un progetto completamente nuovo. Il ritmo della narrazione, la presentazione dei personaggi sono infatti quelli tipici di un origin story. Le scimmie, divise in tribù occupano la terra mentre gli uomini esistono, ma si vedono di rado, come fossero una specie in via d’estinzione (il virus che aveva colpito il pianeta aveva fatto molte vittime). I protagonisti assoluti sono infatti le scimmie, decisione rischiosa, ma ponderata anche tenendo conto della qualità eccelsa delle animazioni che ormai sono praticamente indistinguibili dalle versioni in carne ed ossa (espressioni e capacità di parlare a parte). Il protagonista del film si chiama Noah una giovane scimmia all’alba dell’età adulta, costretta, suo malgrado, a dover crescere in fretta per salvare la sua famiglia e i membri della sua tribù.

Il film ha un ritmo serrato, ci butta dentro la storia senza darci troppe informazioni, distillate poi nello sviluppo della pellicola. Emozioni e azione sono ben bilanciate e malgrado il poco tempo insieme sarà difficile non affezionarsi al Noah che ricorda il giovane Cesare per la sua “giustezza”, per la sua curiosità nei confronti della storia degli uomini (chiamati “echo” o eko) e per il suo carisma naturale.

Gli effetti speciali sono ormai raffinati a un livello quasi perfetto. Su alcune azioni veloci c’è ancora qualche problema di realismo (come se le scimmie fossero troppo rapide) ma per quanto riguarda il motion capture, quello del corpo e delle espressioni facciali, siamo davvero vicini alla perfezione.

Rimane un piccolo senso di amarezza alla fine del film, cosa non rara quando ci si trova davanti a un origin story. In questo caso la pellicola per quanto piena di azione, emozioni ed eventi spettacolari, arriva alla fine rivelandoci alcune informazioni troppo a lungo celate, di fatto mostrandoci che la ciccia, il succo del racconto, probabilmente avverrà nel prossimo capitolo. Della serie, ti piace? Il bello viene dopo. Tutto perfetto secondo la ricetta economica di Hollywood, ma per alcuni, ad esempio i fan della vecchia saga, forse il senso di film a metà potrebbe essere più pronunciato. D’altra parte per qualcun altro invece questo senso di scoperta, di voglia di sapere di più, può risultare come una nota positiva, addirittura gradevole una volta tornata la luce in sala. Ma sono gusti, e se siete come me che sul finale di Spider-Man: Across the Spider-Verse sono caduto nel panico ai titoli di coda, allora anche a voi, questo finale potrebbe risultare una cesura troppo sospesa.

Ma non preoccupatevi, i sequel, al momento, sono già confermati, con la coraggiosa promessa di andare a chiudere il cerchio aperto con quel primo intramontabile capitolo con Charlton Heston uscito nel lontano 1968. Riuscirà Wes Ball nell’impresa? Le premesse ci sono, ora tocca solo mettersi comodi e aspettare.