Un po’ è anche colpa di un articolo che mi è capitato di leggere su un notissimo quotidiano nazionale che, per farla breve, riduce Lupin ad una sorta di mal digeribile tentativo di trasformare il celebre ladro gentiluomo di Maurice Leblanc in un personaggio del tutto stravolto in nome del politically correct.

Niente di più lontano dalla realtà (e ve lo dice uno che normalmente fatica ad accettare gli stravolgimenti, malgrado la storia ci abbia insegnato che spesso sono invece azzeccatissimi, a cominciare dal Batman di Michael Keaton fino al Nick Fury di Samuel L Jackson passando per molti altri) e per essere corretti fino in fondo anche il suddetto articolo, dopo aver dissertato a lungo circa l’inutilità di presentare un Lupin di colore (ma dove?), finisce con il dedicare dello spazio a quello che il vero intreccio della trama.

Si perché la verità è che nel caso del Lupin che da alcune settimane sta, giustamente, in vetta alla classifica di Netflix non c’è nessun stravolgimento o tentativo di voler far passare Lupin per quello che non è tranne che una fonte di ispirazione per il protagonista della serie, Assane Diop, la cui vita è stata stravolta dalla morte del padre suicida dopo essere stato accusato ingiustamente del furto del preziosissimo “collier della regina”.

Assane non solo perde il padre ma l’unica cosa che gli resta è il libro regalatogli proprio dal genitore con le avventure di Arsenio Lupin che a quel punto diventerà una vera e propria fonte di ispirazione con la quale architetterà una lunga e sofisticata vendetta nei confronti del ricco, potente e spietato Hubert Pellegrini (pronunciato con un accento francese alla “Platinì” ma che non può che rimandare ad un chiarissimo cognome di origine italiana a me per altro molto familiare essendo il cognome della mia bisnonna).

Ho cominciato a vedere il primo episodio un po’ svogliatamente (condizione abbastanza comune di questi tempi) ma dopo pochi minuti mi sono ritrovato così coinvolto che i 5 episodi che compongono la serie li ho terminati in meno di una settimana. Onestamente non mi ero minimamente documentato sulla produzione e per qualche ragione davo per scontato si trattasse di una serie limitata che si sarebbe conclusa alla fine del quinto episodio.
In realtà così non è stato, ed è meglio che è stato così poiché il quinto episodio è anche l’unico che non mi è piaciuto o che per lo meno ho trovato più noioso dei precedenti.

Così ho scoperto che in realtà la serie è effettivamente limitata ma a due stagioni e che la seconda parte con il lotto conclusivo di episodi (nuovamente cinque) sarebbe anche dovuto essere già in produzione se non fosse che…lascio a voi indovinare il motivo.

Insomma, Lupin riesce a tenere con il fiato sospeso e a coinvolgere, si sta volentieri dalla parte del “ladro vendicatore” anche perché man mano che passa il tempo le sue intenzioni sono sempre di più se non onorevoli quantomeno comprensibili.
Il tutto incastonato in un prodotto ben confezionato che nulla ha da invidiare a produzioni più blasonate.

Assolutamente da non perdere.