Sono andato a vedere Birds Of Prey, ovvero il ritorno della Harley Quinn di Margot Robbie, non senza perplessità perché il DC Extended Universe, fatto salvo alcuni momenti, non mi ha mai entusiasmato veramente ed i film li ho sempre seguiti più che altro per l’affetto che nutro verso i personaggi ed invece devo dire che dopo l’ottima prova del Joker di Todd Philips ad Ottobre sembra che la Warner Bros abbia di nuovo fatto centro con questo Cinecomic in salsa “Tarantiniana”.

Vuoi per la colonna sonora, vuoi per il contesto ed anche il modo in cui la storia si va ad articolare e viene, letteralmente, raccontata sembra proprio di trovarsi davanti ad una sorta di Pulp Fiction in versione cinecomic, ma soprattutto non ha niente a che vedere con l’omonimo telefilm del 2002 che pure si proponeva di portare in scena il gruppo, in quella circostanza guidato da Barbara Gordon, alias Oracolo.

A quanto pare tenersi alla larga da situazioni eccessivamente “mitologiche” (con l’eccezione degli ottimi risultati di Wonder Woman e Aquaman, che comunque non avevano del tutto convinto il sottoscritto), messi da parte mostri apocalittici, situazioni paranormali e staccati dagli inevitabili parallelismi con la Marvel (con il “picco” massimo raggiunto a fine titoli di coda) pare che DC Films e Warner riescano ad esprimersi molto egregiamente.

La trama è presto detta e ricalca parzialmente la situazione già vista nel primo Suicide Squad di cui, di fatto, questo film ne è uno spin off: c’è un cattivo (Roman Sionis, AKA Black Mask, un come al solito ottimo Ewan McGregor) e c’è un discretamente mal’assortito (in senso ironico) numero di ragazze con seri problemi sociali che, per vari motivi, finiscono con il ritrovarsi dalla stessa parte, ossia contro il suddetto cattivo che, inevitabilmente, dovrà soccombere.

Se in Suicide Squad la malsana relazione tra Harley Quinn e Joker è stata la backstory più interessante del film (al punto da scatenare l’immaginario di migliaia di giovani cosplayer che immediatamente si sono identificati nello stereotipo della coppia bella (mica tanto, almeno per quanto concerne Mr J, e dannata) in questo film vi è il rinnegamento di quella relazione, ormai conclusa, ma proprio perché conclusa è forse persino più presente che nel film precedente, sebbene il Joker non compare se non in un paio di brevissimi flashback in cui gli autori hanno accuratamente evitato di mostrare i lineamenti di Jared Leto (che, sebbene lo ritenga un bravissimo attore e la sua prova come nemesi di Batman sia tutto sommato eccellente, per il sottoscritto resta la peggiore versione del Joker mai vista, se paragonata a mostri sacri come Jack Nicholson, Cesar Romero, Heat Ledger e, vocalmente, Mark Hamill).

In conclusione: la regista Cathy Yan (qui al suo secondo lungometraggio) riesce a mettere insieme un film (della durata di poco meno di due ore) assolutamente divertente, godibile, certamente meno impegnat(iv)o rispetto a Joker ma che si farà apprezzare dai fans e non solo.