Per pubblicare questo articolo ho preferito aspettare che la festività fosse passata. Le contrarietà che, sopratutto in tempi recenti, sono scoppiate sull’introduzione della festa di Halloween sull’italico suolo mi hanno, infatti, alquanto spiazzato.
Allinearsi ad una polemica, che non mi tocca, non mi pareva il caso ma, purtroppo, sarebbe stato inevitabile. Alle ovvie perplessità che la logica propone nell’introdurre una feste in un entroterra culturale non suo (di cui parlerò in seguito), negli ultimi anni si sono aggiunte remore di natura religiosa. Indipendentemente dalle idee del singolo individuo, l’entroterra culturale italiano è fortemente cattolico e, che ci piaccia oppure no, la maggior parte degli italiani si dichiara tale. Senza addentrarci in polemiche inutili, quindi, dirò che un rifiuto verso una qualsiasi cosa da parte della Chiesa avrà, per forza di cose, un peso enorme.
Mi scuserete se, a questo punto, metto «le mani avanti»: confesso candidamente che non riesco ad afferrare la minaccia che una festa per bambini possa rappresentare per un culto. Lo dico con cognizione di causa perché le tanto decantate origini pagano-sataniche della festa sono talmente «disperse» da risultare indistinguibili. Con buona pace dei vari Celti, Wiccan e Pagani che, sicuramente, non celebrano Shamain facendo «dolcetto o scherzetto».
Quindi accetto di non comprendere i fini (che sicuramente ci sono) della Chiesa e passo oltre.


Dopo questa lunga, ma doverosa, introduzione parliamo della festa in sé. Come ho detto i principlai protagonisiti sono i bambini. Dalle prime testimonianze in cui i piccoli amici si travestivano da mostri per spaventare le creature delle tenebre che, al 31 ottobre, potevano riversarsi sul mondo dei vivi si è passati quasi subito ad una mera festa in maschera. Ormai, negli U.S.A. sono infatti comunissimi i costumi non macabri. Citiamo l’esempio più recente che vede i ragazzi di Stranger Things mascherarsi da Ghostbusters.
Halloween rimane però una delle feste nerd per eccellenza, immortalata in moltissimi film di culto e romanzi horror. Io, come molti altri, la conobbi sulle strisce dei Peanuts di Schultz. Linux che faceva notte nell’orto aspettando il Grande Cocomero mentre Lucy e Charlie Brown si recavano di porta in porta, armati di sacchettoni, a reclamare il famoso dolcetto.


Ed è questo che era per noi Halloween: la visione di centinaia di ragazzi in costume che si riversavano in strada suonando i campanelli. Certo, più tardi i telefilm più «grandi» ci presentarono anche l’aspetto delle feste dei teenager. Fonzie ed i suoi amici che cercavano di adescare ragazze succintamente (tra)vestite. Ma l’aspetto esotico di Halloween era e restava il mitico «dolcetto o scherzetto».


E già qui la parola «esotico» non è usata a caso. Nel nord Italia la tendenza a riversarsi in strada per festeggiare è tutto fuorché radicata. Ovviamente il clima non aiuta ma, indubbiamente, questa è una delle vere differenze rispetto al centro-sud (da cui dovremmo solo imparare). Quindi quando, nei primi anni del 2000, la festa arrivò da noi fui tra i primi a non apprezzarla. Sparuti gruppi di bimbi timidi seguiti da «madri moderne», più spaesate di loro, che suonavano campanelli di gente che non capiva. No, non era questo l’Halloween che mi faceva sognare. Era meglio lasciarlo lì, nell’America che non esisteva dove Rambo salvava i prigionieri di guerra dai russi cattivi e Freddy vagava nei sogni degli adolescenti.
Ora le cose si sono fatte più rilassate. La festività in sé magari non si è diffusa ma è diventata nota e nessuno si stupisce più di tando nel vedere questo «carnevale fuori stagione», ma la sensazione che la festa che noi sognavamo in Italia non esisterà mai a me rimane. l’Halloween dei nerd sarà sempre quel fantastico concetto fatto di Snoopy e di Michael Myers. Non possiamo farci nulla.