Di recente Harry Potter è tornato alla ribalta. Sia con il nuovo episodio di “Animali Fantastici” sia con i nuovi set LEGO di prossima pubblicazione.

Come sempre però, quando si parla del celebre maghetto della Rowling ci si deve scontrare con il suo “lato oscuro” ovvero l’opera teatrale de: “La maledizione dell’erede”.

Gli anatemi (senza perdono) che i fan scagliano su quest’opera sono innumerevoli. A partire dal ciclo dei “libri-copioni” da essa inaugurato, passando per una trama molto banale (anche se ben gestita) e finendo con la grandiosa polemica del cambio razziale di una delle protagoniste. L’apoteosi insomma.

Il problema di base è che l’opera non è uno spinoff ma il vero e proprio seguito ufficiale dei romanzi; infatti inizia esattamente dove finiva il settimo libro. Vediamo così un Harry trentaseienne che accompagna il suo secondogenito al treno per Hogwards ed iniziamo a seguire le avventure del giovane Potter.

Va detto, per correttezza, che nell’ottica dell’opera teatrale “La maledizione dell’erede” non solo funziona ma è pure un ottimo prodotto. Però i fan, poco avvezzi a questo medium, non si sono accontentati delle sue particolarità.

Leggendo il libro-copione, infatti, si sbatte fin da subito contro l’immediatezza necessaria a portare l’opera sul palcoscenico. Nessuna descrizione raffinata, nessun preambolo. La realtà nuda e cruda dei protagonisti ci balza addosso, e spiazza.

Harry è un impiegato del ministero della magia, ex auror, Hermione è diventata ministro della magia ed il povero Ron è l’erede dei “Tiri vispi Weasley”. Nessuna risposta alle tante domande sui diciannove anni passati, nessuna spiegazione. Questi sono i fatti, e si procede.

La trama è, come ho detto, piuttosto banale: Albus Potter e l’amico Scorpius Malfoy cercano di tornare indietro nel tempo per salvare Cedric Diggory, così facendo danno origine ad una serie di presenti alternativi. Mai sentite cose simili vero?

All’interno di questo canovaccio però, non mancano le sorprese ed i tocchi di classe: dalla progenie di Voldermort al primo Potter Serpeverde. Ma, ancora una volta, quello che funziona sul palcoscenico lascia l’amaro in bocca sulla carta. Troppo spartano, troppo veloce.

 

[amazon_link asins=’8869187497′ template=’ProductAd’ store=’wwwdestroythi-21′ marketplace=’IT’ link_id=’77a846b5-61e2-11e8-a17d-cd6d65e7dbe4′]

 

 

Dulcis in fundo quello che voleva essere un omaggio al fandom della prima ora si è rivelato un passo falso clamoroso: la scelta di rendere Hermione di colore (le ipotesi prima dell’uscita del film la volevano mulatta) si è rivelata estremamente infelice, scatenando reazioni decisamente esagerate tra gli appassionati. Va detto che la Rowling, da sempre intollerante al razzismo, non si è certamente scusata (stima).

Cosa posso dire, in conclusione, da fan del maghetto? Davanti al seguito della saga un po’ di delusione per la banalità non si può non provarla, però se questo “copione”, così brutale e spartano, fosse stato un libro scritto con lo stile che contraddistingueva i precendenti io avrei perdonato tutto. Forse noi lettori qualcosa di più lo meritavamo.