Il fantasy in Italia ha sempre vissuto fasi alterne fino alla sua definitiva (e tarda) consacrazione a “genere letterario ufficiale” avvenuta verso la fine degli anni novanta. Prima di allora era una lettura di nicchia relegata ai fan della compianta “Editrice Nord” che, pure, gli anteponeva la fantascienza (no, non sto scherzando).
Ovviamente tutto il ben di dio che si produceva nel resto del mondo, di conseguenza, non veniva importato.

Erano gli anni novanta, internet era ancora lontano.

Notevole eccezione era il mercato videoludico degli home / personal computer. Non essendo vasto come quello delle consolle giapponesi veniva importato (e piratato) praticamente in toto. Ed il fantasy ne costituiva parte integrante.

Questa premessa serve a farvi capire l’impatto che ebbe un gioco chiamato “Agony” su un ragazzo come me. Cresciuto in un paesino e costretto ad affidarsi alle poste per poter sbocconcellare un po’ di Lupo Solitario.

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Il gioco della casa Psignosys girava su Amiga 500 base, richiedeva cioè solo 512 Mb di ram. L’enorme scatola conteneva tre dischetti blu da 720 kB ed un piccolo manuale che ti spiegava brevemente la trasformazione del protagonista. Il giovane eroe si era infatti mutato in un argenteo gufo magico per attraversare i regni incantati ed abbattere il cattivissimo mago di turno. Ok sorvoliamo sulla logica della cosa…

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Inserito il primo disco nel drive si era accolti da una schermata (meravigliosa) di un albero in fiamme e da una musica d’organo spettacolare ad opera di Sauer ed Albinett. Dopo aver premuto il tasto del joystick un’altra schermata introduceva il tema del primo livello: mari e isole. Infine appariva il gufetto.

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Il gioco altro non era se non uno “spara e fuggi”, alla R-Type per capirci, in cui si doveva pilotare il rapace facendolo muovere da sinistra a destra blastando le orde di nemici. La banalità dello schema di gioco era però compensata dalla grafica. Il gufo sbatteva le ali con una precisione quasi “naturale” ed il fondale era dotato di parallasse ovvero era composta da tre “livelli” che scorrevano a velocità diverse dando l’impressione della profondità (erano giochi in 2D e pixel art). Inoltre lo scenario conteneva delle animazioni ulteriori come onde in movimento, fulmini, pioggia, ecc. Incredibili per l’epoca nei videogame casalinghi.

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Lo scotto per tutto questo si pagava, però, con un’area d’azione molto piccola che limitava i movimenti del gufetto e che rendeva il gioco molto “statico”. In compenso la difficoltà era ben calibrata e si riusciva a completarlo senza “trucchi” (cosa non scontata, ai tempi).
L’arsenale del volatile comprendeva il fuoco principale che poteva essere potenziato fino a tre livelli di volume, due spade svolazzanti che si posizionavano sopra e sotto il gufo ed una serie di incantesimi che conferivano allo stesso dei poteri speciali ma per un tempo limitato (fuoco posteriore, scudo al plasma, immortalità, ecc.) tendenzialmente inutili ma molto coreografici.

Ovviamente i vari “power up” si ottenevano semplicemente abbattendo i nemici. Completavano l’opera dei guardiani di fine livello disegnati superbamente.

Insomma, un’emulatina Agony la merita anche oggi. Buon divertimento!

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