Dopo quasi 10 anni da Gran Torino Clint Eastwood decide di tornare davanti alla macchina da presa  per The Mule (Il Corriere) film ispirato alla storia vera di un 90enne che per ripagare debiti e sistemare la sua situazione economica precaria era diventato il corriere (il mulo) principale di un grosso cartello di droga, insospettabile e fuori da ogni logica aveva tenuto in scacco la DEA per un sacco di tempo prima di venire fermato.

Non è di certo un caso che Clint abbia aspettato un ruolo come questo per tornare a recitare e il rapporto con Gran Torino è strettissimo e anche lo stesso Eastwood ammette che questo The Mule è una sorta di postilla a Gran Torino, Earl Stone il protagonista di questo nuovo film è l’altra faccia della medaglia di Walt Kowalski, è come se questi due film mostrassero due alternative quasi antitetiche di come tornare al mondo per i veterani della guerra di Korea: arrabbiati e chiusi di fronte al mondo come Walt o capaci di lasciarsi il passato alle spalle e vogliosi di vivere come Earl.

Earl è un floricoltore, ama il suo lavoro e ha successo, sta così bene nel mondo lavorativo che si è creato da trascurare la sua famiglia, il suo matrimonio fallisce, la figlia smette di parlargli e solo la nipote continua a credere in lui. Il mondo però cambia  e la sua attività fallisce e senza un soldo Earl pensa di non avere più nulla da dare alla sua famiglia. Grazie a un incontro fortuito entra in contatto con il mondo della droga, il cartello inizia a sfruttarlo come corriere lui, insospettabile, che ha viaggiato l’America in lungo e in largo senza essere mai fermato o multato diventa il mulo principale del cartello, si arricchisce e con questa ricchezza crede di poter riconquistare gli affetti.

La narrazione viene approcciata da Eastwood dividendola secondo due punti di vista quella di Earl e quella di Colin Bates (un ottimo Bradley Cooper) l’ufficiale della DEA che da la caccia a questo invisibile e imprendibile corriere capace di spostare ad ogni viaggio quintali di coca, approccio della doppia narrazione molto caro all’Eastwood regista e che infatti troviamo in molti altri suoi film pensiamo ad esempio allo straordinario Un Mondo perfetto.

Nel seguire i viaggi di Earl Eastwood trasforma la storia cupa e tristissima di un uomo vecchio e solo in un road movie con cui ci mostra la sua America, vista con gli occhi di Clint, ed è una visione estremamente ottimista e positiva, Earl si ferma per la strada a parlare e ad aiutare le persone che incontra, mangia nei posti più buoni, scherza, fischietta creando un contrasto profondissimo con il peso che si porta dentro e che cerca di sollevare trasformandosi in una sorta di Robin Hood e creando un ponte fortissimo con Walt Kowalski fermo nel suo porticato a sputare per terra con il grugno.

Il viaggio attraverso l’America e i suoi abitanti va parallelo anche con quello interiore che Earl affronta nel tentativo di rimediare ai suoi sbagli e recuperare un tempo perduto che non si può ripagare, fino a comprendere che l’unica cosa che conta era ed è esserci per chi si ama.

Clint Eastwood dimostra, ancora una volta, a quasi 89 anni, di essere un regista e un attore straordinario, un narratore gigantesco capace di leggere la contemporaneità e il suo paese in maniera stupenda e di raccontarne le ambiguità e i problemi come pochi altri. Naturalmente, come praticamente ogni volta da quasi 30 anni, quando approccia questo tipo di personaggi e il tema dell’anzianità si parla di film e di opera testamento, non date retta, al massimo si può parlare di un paragrafo di un testamento ancora lontano dall’essere finito.

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