Armalyte, quando uscì fece urlare al miracolo. Ovviamente fu il lato tecnico che lo trascinò: una grafica che sfruttava la sovrapposizione dei colori per un effetto quasi “renderizzato” ed una fluidità incredibile.

Questi sono fattori che però, ad un riesame fatto ai giorni nostri, non sono più sufficienti per suscitare entusiasmo. La mannaia della critica non si ferma davanti alla grafica ed alla programmazione nude e crude. Anche se, come in questo caso, spinsero il caro vecchio Commodore 64 a limiti che, ancora oggi, sembrano incredibili. Nessun problema: Armalyte era molto di più.

Cominciamo col descrivere il gioco: si trattava di uno shoot em up a scorrimento orizzontale (stile R Type, per capirci). L’astronavina protagonista partiva fin dall’inizio equipaggiata con un grosso pod che ne replicava il fuoco. Questo si muoveva in modo speculare rispetto all’astronave madre e, benché non fosse possibile agganciarlo, premendo la barra spaziatrice si poteva bloccarlo sullo schermo. Essendo il pod indistruttibile, questa caratteristica si rivelava utilissima con i boss di fine livello, si poteva infatti piazzare il dispositivo davanti alle parti vulnerabili dei mostroni e lasciare a lui il compito di massacrarli, mantenendo la concentrazione sullo schivare i colpi.

I power up erano la parte più “fitusa” del gioco. Si trovavano con una certa abbondanza ma, se raccolti nella loro forma originale, si limitavano a rifornirti di energia. Per ottenere l’aumento dell’armamento bisognava colpirli più volte prima di inglobarli. Questo procedimento, unito allo schermo che scorreva inesorabile, faceva sì che metà dei potenziamenti andasse inevitabilmente persa.

A questo aggiungiamo la mega vigliaccata, inserita nel terzo livello, in cui alcuni power up erano inseriti in un vicolo cieco. La prima volta ci si tuffava bramosi verso di loro, solo per poi schiantarsi contro la dura roccia.

I mostri di fine livello non richiedevano l’impiego di strategie particolari o astruse ma, fatto raro per allora, erano spesso molto mobili e non disdegnavano attacchi kamikaze. Il capolavoro del Team 17, Project X (Amiga) citò apertamente i mostri di Armalyte col boss del primo livello.

Per finire va ricordato che la nostra astronave era dotata di “beam” (un super sparo che si poteva “caricare” tenendo premuto il tasto di fuoco). Era selezionabile in due modalità ed, al contrario di molti giochi in cui questa funzione era presente, era tutt’altro che inutile ai fini del gioco. Indispensabile per abbattere alcuni ostacoli che ci sbarravano la strada nei livelli avanzati.

Armalyte ebbe inoltre un impatto molto particolare sul sottoscritto. Non riuscirò mai, infatti, a dimenticare la meraviglia che provai alla vista dei ruderi nel secondo livello. Una città od addirittura un pianeta distrutto i cui resti galleggiavan nello spazio. Colonne e gargoyle abbarbicati su quelli che ormai non eran che asteroidi.

Ovviamente pochi pixel e tanta fantasia. Ma non è questa la vera anima del gioco?