And I’m trying to hold on to my past
It’s been so long
I don’t think I’m gonna last
I guess I’ll just try
And make you understand

That I’m more horse than a man
Or I’m more man than a horse
(BoJack!)

Così termina la canzone che accompagna i titoli di coda di ogni puntata di Bojack Horseman la serie animata di Netflix arrivata ormai alla quarta stagione. Canzone che si conferma la grande chiave di lettura anche di questa quarta stagione che ho divorato in meno di 24 ore, e masochisticamente, ne vorrei ancora.

Masochisticamente, non perché Bojack Horseman è una brutta serie, ma perché questa serie regala un sacco di coltellate, fa male, perché è vera, è dura e ti sbatte in faccia la vita come nessun’altra.

È facile sopravvalutare Bojack Horseman, ma già dopo poche puntate ci si accorge che non è il classico cartoon per adulti satirico e dissacrante con cui ridere e prendere in giro il mondo. Bojack è molto di più, è una vera drama series travestita da cartoon, e in quell’uomo-cavallo, in quel fantastico uomo-labrador, si nasconde ognuno di noi, e Bojack Horseman fa male perchè prende in giro ognuno di noi, smaschera i nostri vizi, i nostri dubbi, le nostre bugie, la nostra solitudine, ci butta addosso il dramma della vita e non ci risparmia nulla.

E questo per tutte e quattro le stagioni, che sono un crescendo di qualità, con una scrittura cinica e tagliente che non cade mai nel banale, che non usa stratagemmi e clichè per farvi contenti e che scava sempre più nel profondo dei suoi personaggi che, nonostante le apparenze, sono i più umani e veri che possiate trovare in televisione.

Soprattutto in questa quarta stagione si va a fondo del passato di Bojack, del rapporto con la madre Beatrice, del rapporto genitori e figli, del rapporto di coppia con Diane e Mr Peanutbutter e con Princess Carolyn e Ralph Stilton, poi c’è Todd che cerca di accettarsi e con le sue gag esileranti ci porta al largo del rapporto con se stessi.

Animali antropomorfi, umani scellerati, un mondo pazzesco che però è specchio del nostro. E nelle sue assurdità ci fa specchiare veramente con attenzione, e ci fa trovare uguali a quel grasso uomo-cavallo, a quell’ingenuo uomo-labrador, a quella donna-gatta rosa incapace di chiedere aiuto.

Tutto questo grazie certamente, come già detto, a una scrittura brillante, ma anche a una regia attenta e capace di valorizzare ogni personaggio, e poi al grande lavoro di doppiaggio con un Will Arnett stratosferico nel dare voce e anima a Bojack, con un Aaron Paul semplicemente perfetto come Todd, e una fantastica Alison Brie a dar voce a Diane, e poi tutti gli altri tutti personaggi fantastici, tutti dipinti a 360 gradi, con le loro mille sfaccetature, problemi, casini, tutti con la loro vita.

Insomma siamo arrivati alla quarta stagione e Bojack Horseman non sembra aver intenzione di iniziare a deludere i suoi fan ma alza ancora di più l’asticella della qualità. Non sottovalutate questa serie, datele una chance e vi saprà conquistare, vi saprà colpire e fare soffrire.

Se cercate una comedy stupida e becera passate oltre, se invece volete qualcosa di serio, che vi metta faccia a faccia con voi stessi Bojack è la serie per voi e non vi deluderà, anzi vi sorprenderà vedere come un cartone animato possa essere così vero. Come un cartone animato possa essere, anche dopo quattro stagioni, la migliore serie di Netflix. Preparate il whisky, vi servirà alla fine della visione, e dite stop solo quando la bottiglia sarà vuota.