Tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac, è con questo suono, questo ticchettio di uno degli orologi di Christopher Nolan che si apre Dunkirk, il decimo film del regista britannico, e questo suono ci accompagnerà per tutti i 106 minuti di durata, 106 minuti nella più immersiva esperienza cinematografica di sempre.

Perché mai come con Dunkirk vi sentirete nel mezzo dell’azione, sballottati dagli eventi frenetici di questa ritirata che ha cambiato la storia del mondo.

È la prova della maturità per Nolan questo Dunkirk, e si vede che l’ha presa sul serio, ascoltando e facendo sue le tante, e anche giuste, critiche piovutegli addosso in questi quasi 20 anni di carriera, asciugandosi e ripulendosi da inutili orpelli, eliminando tutta la pesante zavorra che si era per troppo tempo portato dietro e lasciando solo l’essenziale. Mantenendo il suo immenso talento, di cui era stato finora il più grande nemico, lasciando a casa i pesantissimi spiegoni, lasciando a casa i grovigli narrativi che ne avevano fatto la fortuna agli inizi e che piano piano erano diventati solo fini a sé stessi e deleteri per i suoi film. E riuscendo a donarci un’opera che racchiude tutto il meglio del suo cinema, tutto il suo talento, tutta la sua capacità di storyteller e tutta la sua immensa bravura nel fare cinema.

C’è tutto Nolan in Dunkirk, tutto il meglio di Nolan e ci sono poche cose al mondo meglio del miglior Nolan.

Perché Dunkirk è il miglior Nolan, è forse il miglior war movie di sempre, è di sicuro ad oggi il miglior film del 2017.

E allora dopo questi noiosi discorsi su Nolan (ma doverosi visto il mio burrascoso rapporto con questo regista che cerco di spiegare qui) parliamo di Dunkirk.

Partiamo dalle basi, Dunkirk ci racconta una delle più grande disfatte e una delle più imponenti ritirate dell’esercito britannico durante il secondo conflitto mondiale. Siamo ancora all’inizio della guerra, la Germania sta conquistando indisturbata l’Europa, 400 mila soldati inglesi sono bloccati circondati dai tedeschi sulla spiaggia di Dunkerque in Francia e Churcill li rivuole in patria per potere difendere il suolo britannico, ormai l’unico libero dal controllo nazista.

Nolan ci racconta questa ritirata che si svolse dal 27 maggio al 4 giugno 1940 da tre punti di vista, la spiaggia, il mare e l’aria, tre narrazioni che partono lontane nello spazio e nel tempo e che piano piano confluiscono. Nolan ci getta nella mischia, nel dolore e nella paura di una guerra che sembra persa, ci butta in mezzo a soldati che possono vivere solo nella speranza, senza nasconderci niente, nemmeno il bisogno impellente di cagare subito dopo essere l’unico sopravvissuto di una scarica di mitragliatore, facendoci capire il valore di un tozzo di pane magari secco con della marmellata e di una tazza di Thè, il valore di uno sguardo commosso e di un silenzio, e l’orrore atroce dal quale si vorrebbe solo scappare.

Un war movie straordinario, un film d’azione adrenalinico, un thriller emozionante come pochi, una storia di coraggio, di paura, di amicizia e di speranza come poche altre si sono viste al cinema.

E soprattutto, come già detto sopra, l’esperienza cinematografica più immersiva che ci sia mai stata. Io posso quasi dire di esserci stato su quella spiaggia, su quel molo, su quella barchetta, su quegli spitfire.

Ogni immagine, ogni fotogramma delle 6 miglia di pellicola come annunciava l’imbonitore prima della proiezione al BFI di Londra, è grande cinema, da far venire i brividi, da tenere incollati alla poltroncina, da farti saltare su quella poltroncina, da farti commuovere su quella poltroncina. Perché ogni immagine di questo film è di una bellezza sconcertante, e se l’orrore della guerra può essere definito sconcertantemente bello vuol dire che siamo di fronte a un capolavoro, come lo eravamo di fronte a Full Metal Jacket, a The thin red line, a Saving private Ryan ma vedendoli da un punto di vista inedito, un punto di vista quasi interno tanta è l’immersività di questa pellicola.

Nolan ci regala il suo capolavoro, con una regia che rasenta la perfezione e con la quale quest’anno può veramente ambire alla statuetta d’orata; le scene delle battaglie aeree con gli spitfire sono una delle cose più belle ed entusiasmanti che il cinema possa offrirvi. Ma oltre alla regia Dunkirk vanta anche un montaggio sia visivo che sonoro veramente fantastici, con una colonna sonora di Hans Zimmer veramente al top, che partendo dal ticchettio degli orologi di Nolan (e quale altro regista poteva essere un folle collezionista di orologi) ci accompagna in questo viaggio della speranza senza invadere la scena, senza coprire, ma aiutando e sostenendo le bellissime immagini di Cristoforo.

E poi non si può non parlare delle fantastiche prove recitative che troviamo in questo film, partendo dai giovanissimi e sconosciuti Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney e Aneurin Barnard passando per il più famoso ma ancor meno esperto nell’arte della recitazione Harry Styles che non potevano trovare film migliore per lanciarsi e mettersi in mostra e che regalano tutti interpretazioni bellissime e sincere ancora più eccezionali dato che riescono a reggere il confronto con attori del calibro di Kenneth Branagh, Cillian Murphy, Mark Rylance e Tom Hardy. Nolan è passato dai dialogoni spiegoni ad un film con due parole in croce in cui pretende una recitazione fatta di gesti, di sguardi, di silenzi che ci donano delle interpretazioni straordinarie. Lo sguardo che si riempie di lacrime di Kenneth Branagh che guarda attraverso la Manica nel finale è da “chiudete tutto”, “chiudete il cinema” insomma queste cose che dicono i giovani.

Mark Rylance (quanto è bravo!) ci porta sullo schermo una delle interpretazioni più commoventi degli ultimi anni ed è partecipe insieme a Tom Glynn-Carney di uno scambio di sguardi che vi metteranno in moto alla caccia di invisibili moscerini per giustificare i lacrimoni che vi solcheranno il volto. E poi c’è Tom Hardy, che ancora una volta, quasi sempre con il volto coperto, ci dona un’interpretazione da applausi a scena aperta, io l’ho sempre detto che è un attore stratosferico, due anni fa appena uscito da Revenant dissi subito alla mia ragazza, sua grande fan, che aveva mangiato palesemente in testa a Di Caprio, e se quest’anno non gli fanno piovere addosso un quintale di premi faccio la rivoluzione.

Prima di concludere, che poi tanto ormai avete capito che praticamente per la prima volta ho solo cose belle da dire su un film di Nolan, facciamo un breve discorso sui formati.

Nolan ha girato questo film su pellicola IMAX70mm che praticamente è il meglio del meglio che si possa avere al mondo, ma che in Europa è possibile vedere solo al BFI di Londra, io sono andato a vederlo lì la seconda volta e vi assicuro che è davvero il meglio del meglio e qualsiasi altro schermo dopo per me è praticamente un iPad. Ma Londra è lontana, la migliore alternativa sul suolo italico è la visione in 70mm all’Arcadia di Melzo, vicino Milano, cosa cambia? Si perde d’ampiezza sull’asse verticale, io ho visto il film anche qui e vi dico che la differenza si sente, ma è di sicuro l’esperienza migliore che si possa avere in Italia, perché la Sala Energia è la migliore d’Europa e perché vedere un film in 70mm è un’esperienza stupenda e da fare se si ama il cinema. Tutto il resto sono riduzioni in digitale, chiaro meglio IMAX che saletta da multisala normale, ma dato che le sale IMAX in Italia sono quasi tutte al Nord e vicino a Milano, se proprio volete muovervi tanto vale andare all’Arcadia e vederselo con la qualità della pellicola, se no comunque vedetevelo al cinema, assolutamente. Dunkirk è un film così potente che va oltre i formati e resta bellissimo in ogni caso, detto ciò se potete guardatevelo bene.

Ecco la guida ai formati in cui è possibile vedere Dunkirk. In alto a sinistra l’IMAX70 che si può godere a Londra, subito sotto il 70mm visibile a Melzo, il miglior compromesso qui in Italia, quello che dovete puntare se non potrete andare fino a Londra

 

Concludendo, Dunkirk è un film straordinario, come già detto in apertura il migliore di Nolan, probabilmente il miglior war movie di sempre e il film dell’anno a mani basse. Dopo aver giocato e passato vari generi, Nolan arriva al bellico e lo ribalta, lo ricrea e ne fa il terreno giusto per il suo capolavoro, la sua opera magna, un punto di non ritorno nella sua carriera, una rampa di lancio per entrare veramente nell’olimpo dei grandi e fare diventare bello profondo il solco già abbastanza chiaro che questo cineasta ha lasciato e sta lasciando nella storia del cinema. Esce il 31 agosto, fatevi un favore e andate a vedervelo.