Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio.”                                                     Stanley Kubricsu 2001

Non so. È un Film a sè nella mia carriera, quello al quale tengo maggiormente. […]”2001: odissea nello spazio” è un “trip”, una visione il più possibile ottimista dell’umanità, il mio film più aperto, e sono molto felice che ognuno possa adattarlo alla propria mentalità. La Terra è un assemblaggio e l’universo anche. Il giorno in cui il pensiero umano sarà conforme non esisterà più il cinema.”                                                                                                 Stanley Kubrick in “E. Norden, Interview with S.K., Playboy, 09/1968

Scrivere di 2001, sebbene non sia la prima volta che lo faccio (è stato il tema centrale della mia tesina di maturità),  è veramente difficile, è difficile ridurre a parole l’esperienza cinematografica e artistica definitiva da ormai 50 anni.

A 2001 devo tanto del mio rapporto con il cinema e la bellezza, lo guardo almeno una decina di volte all’anno ma prima di ieri non lo avevo mai visto al cinema. Un po’ perché quando uscì nel 1968 io ero a malapena un pensiero luminoso, un po’ perché non ero mai riuscito a partecipare alle ormai poche proiezioni che ogni tanto vengono fatte. Tutto questo fino a ieri, quando l’Arcadia cinema di Melzo per festeggiare i suoi 20 anni ha riproposto il film nella loro fantastica ed enorme sala Energia in 70 mm come quando era uscito, alla sua massima potenza, come lo aveva pensato Kubrick. E non potevo perdermelo e finalmente ce l’ho fatta.

E davvero non si vede veramente un film finché non lo si vede al cinema, perché se dalla televisione o dal computer tutta quella perfezione, quella bellezza la riuscivo ad intuire e mi aveva colpito fin da adolescente anche se solo in potenza, ieri è stata veramente un’esperienza devastante e senza precedenti.

Sono rimasto 2 ore e 40 incollato alla poltroncina a bocca aperta, aggrappato al posto, in preda ad un vortice di emozioni che non sapevo nemmeno di poter provare, mi scoprivo sorridere di fronte alla maestria di Kubrick nel girare questo film, mi scoprivo piangere improvvisamente come un bambino di fronte alla perfezione da ogni punto di vista di questo film, ma soprattutto mi scoprivo inerme e piccolissimo di fronte a un’opera d’arte di così grande portata e che supera la mia misura, la mia capacità di giudizio, super il mio essere uomo e mi schiaccia.

2001 ti fa sentire un alpinista, un alpinista paraplegico alle pendici dell’Everest, sconfitto dalla grandezza e dalla bellezza a cui sta di fronte.

2001: odissea nello spazio è l’esperienza più vicina al divino che io abbia mai provato.

Perché non è opera umana quella, l’uomo non produce perfezione, l’uomo è fallace, imperfetto e finito, quest’opera è permanente, perfetta e infinita.

E mente chi dice di essersi innamorato del cinema grazie a 2001, chi dice di essersi innamorato della fantascienza grazie a 2001, perché non ci si innamora della perfezione, la si può solo venerare e adorare, ma non ce ne s’innamora. Ci si innamora delle imperfezioni, dei tic, delle piccole cose un po’ storte, ci si innamora di uno sguardo un po’ strabico, di un naso un po’ storto, ci si innamorano e si amano i difetti, si adora la perfezione. Ci si innamora di Van Gogh, si venera Caravaggio, ci si innamora della musica Rock si venera Beethoven, ci si innamora di Harry Potter si venera Il signore degli anelli, ci si può innamorare di un film imperfetto come La la land, si venera 2001.

Una strabica a caso

Io non amo 2001: odissea nello spazio, lo venero, a volte lo odio, come odio McCarthy, come odio Tolkien, come odio Caravaggio, lo odio, a volte perché è troppo, è troppo più grande di me, è troppo inarrivabile, lo odio perché ha chiuso i giochi ormai da 50 anni, lo odio perché è un traguardo che non verrà mai raggiunto.

E lo venero per gli stessi motivi, perché ho bisogno di perfezione, ho bisogno di bellezza, ho bisogno di un traguardo irraggiungibile e che per questo mi spinga a crescere e a migliorare sempre di più, ho bisogno di qualcosa di inconoscibile e incomprensibile nel suo profondo perché eccede la mia capacità umana di capire le cose e allo stesso tempo mi fa capire sempre nuove cose.

Sono già alla terza cartella e non ho detto niente, ma non si può dire niente, si può solo blaterare piccole cose insulse con gli occhi spalancati di fronte alla meraviglia.

E ancora tremo come una foglia, un tremore incontrollato che ho da ieri alle 14.30 quando è iniziato il film.

Grazie Stanley.

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