L’occasione di rivedere Raimi alle prese con una nuova commedia horror era senz’altro ghiotta e magari c’era già qualcuno che si immaginava un ritorno ai fasti della trilogia della Casa, dove il buon regista aveva senz’altro fatto scuola nell’unire con irresistibile equilibrio orrore e risate. Magari qualcun’ altro, dalle aspettative più ambiziose, avrà sperato che con questo titolo Raimi si fosse addirittura superato e avesse tracciato una nuova linea di demarcazione dell’audacia del genere. Ahimè, almeno secondo l’opinabilissimo giudizio di chi scrive, tutto questo non è avvenuto.

Il film mi ha lasciato piuttosto freddino, e per quanto non si tratti affatto di un buco nell’acqua la vicenda narrata, ed i suoi protagonisti, non sono riusciti ad appassionarmi più del dovuto. Sa tutto di già visto, intendiamoci, questo non è un problema se lo svolgimento convenzionale della trama viene nobilitato dal giusto numero di trovate ed idee folli ed originali, il problema però si presenta se anche queste trovate sfociano in un repertorio di maniera: francamente è difficile stupirmi quando Raimi fa Raimi nell’esatto modo che ci si aspetta. Il regista, spesso e volentieri, si ripete e si autocita. Adesso qualcuno dirà “bella forza, ma è il suo stile, che pretendi?”, pretendo soltanto che il concetto di possedere uno stile riconoscibile e personale, e Raimi ce lo ha senz’altro, non si trasformi in mera e svigorita autoreferenza. Fortunatamente in mezzo ad un prodotto che trovo in generale piuttosto trattenuto e prevedibile non mancano piccoli slanci genuinamente ispirati (l’attacco della vecchia nel parcheggio, la sequenza della veglia funebre, il confronto finale col cadavere della signora Ganush) che ci fanno tornare un brillante sorriso. Leggendo i vari commenti, quelli dal Festival di Cannes in poi, uno si immagina chissà cosa, ed invece ci troviamo di fronte ad un prodotto carino, discretamente divertente, ma poco più.

Forse i critici hanno ammirato i sottotesti sull’ambizione, l’avidità, la vanità (verissimo, ci sono, e Raimi non è mai un bischero quando si tratta di esprimere un concetto senza farlo espressamente), ma temo che si siano esaltati, in linea col loro approccio esasperato che vuole i contenuti dei film messi in relazione ai grandi fatti della realtà contemporanea, perché ci hanno visto una pungente allusione alla recente crisi del sistema bancario, e giù di pippe mentali. Certo è che la pellicola è stata scritta nel 1989 e anche in Spider-man 2 è presente una scena piuttosto impietosa che ha luogo in banca. Probabilmente, e magari più semplicemente, Raimi trova in quest’ambiente elementi adeguati per alcuni dei suoi sfottò e delle sue gag.

Metto “Drag me to hell” al livello di “The Gift” (pellicola che trovo comunque dignitosa) ma la trilogia della Casa è tutta un’altra cosa, così come quella di Spider-man (per non parlare del capolavoro “Soldi sporchi” e del delizioso “Darkman”).

E a proposito dei film su Spidey, è in questi che vediamo il miglior Raimi degli ultimi anni, nonostante siano dei blockbuster… Tanto che credo che tutti questi commenti decisamente esaltati su Drag me to hell siano un po’ frutto di un certo snobismo di fondo, come a dire “Raimi è tornato all’horror a basso budget di una volta, fa le cose che faceva in quegli horror, allora questo è il vero Raimi, molto meglio di quello che si è dato ai kolossal sull’Uomo Ragno…”

Sul rating. Giusto il PG13, non c’è niente di violento, truculento o sexy, al massimo qualche sequenza mediamente schifosa. Quindi se entrate in sale aspettandovi qualcosa di più estremo e demente è probabile che uscirete con un bisogno quasi fisico di gettarvi nella visione di un “Braindead” o di un “L’alba dei morti dementi” qualsiasi…

Scena da ricordare: La seduta spiritica.

Battuta da ricordare: “Non lo voglio il tuo gatto, lurida reginetta del maiale!!!”

Consigliato a: chi ama gli horror anni ’80.

httpv://www.youtube.com/watch?v=eXN3r1EGXZ4